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09/10 2024

Giovanni Carcano, un fil rouge milanese

— di Ilaria Coro

“Si cercano ragazze da marito”, si leggeva sul Corriere della Sera Milano giovedì 10 dicembre 1936, non per far trovare una sposa a qualche scapolo incallito, ma per offrire una piccola dote di qualche centinaio di lire (sì perché ai tempi non c’era ancora l’euro!), a fanciulle ancora nubili. Una proposta valida però solo per le signorine che per cognome fanno Carcano, con una particolare preferenza per le discendenti dirette di Giovanni Pietro Carcano.

Ma chi è Giovanni Pietro Carcano? Nato a Cantù nel 1559 da nobili origini, si trasferisce a Milano e con il commercio della lana e l’attività bancaria riesce ad arricchirsi così tanto che viene soprannominato “il Ricco”: un'attività così redditizia che gli consente di fare molta beneficenza. 

L’8 maggio del 1621 fa testamento e destina parte dei suoi averi al completamento e funzionamento dell'Ospedale Maggiore, che i milanesi del tempo chiamavano in modo familiare “la Ca' Granda” (la Grande Casa). Voluto nel 1456 dal duca Francesco Sforza con l’intento di riunire in una sola grande struttura tanti ospedali minori e garantire a tutti (anche ai più poveri) accoglienza e cure mediche gratuite, all’inizio del Seicento risultava ancora incompiuto per le difficoltà economiche legate al periodo di profonda crisi a causa di pestilenze e carestie. 

Nel 1624, quando all’età di 65 anni perde la vita viene aperto il testamento e se ne scopre il suo volere: donare l’usufrutto all’Ospedale di parte dei propri beni fino al compimento della maggiore età del figlio. Il Consiglio Ospitaliero riesce così a finanziare il completamento dei lavori lasciati in sospeso per oltre un secolo e a far costruire una vera chiesa dedicata all’Annunciata (la prima era infatti poco più di una cappella in legno), le sale monumentali per le riunioni del Capitolo  (il consiglio d'amministrazione ospedaliera) e il grande cortile centrale.

Si tratta di un ampliamento così imponente che Giovanni Pietro Carcano viene considerato da tutti il “Secondo Fondatore” dell’Ospedale, dopo il duca Francesco Sforza.

A lui si deve la nascita del Convento di Santa Maria dei Sette Dolori in Porta Orientale (oggi Porta Venezia). Qui vengono accolte le ragazze povere di cognome Carcano, parenti dirette del benefattore, desiderose di prendere i voti. Per via del colore dell'abito vengono chiamate Turchine, ma anche Carcanine in memoria del benefattore. Dal 1782 il convento viene convertito nel Salone dei Giardini pubblici per poi essere in parte abbattuto per costruire il Museo di Storia Naturale. Il Governo di allora approvò un piano di sussidi per le indigenti nubili Carcano: una tradizione proseguita nei secoli fino a “Si cercano ragazze da marito”.

 

Carcano in ogni dove

Girovagando per Milano sono ancora visibili i segni della riconoscenza a Carcano: sopra l’ingresso dell’Università degli Studi di Milano (ex Ospedale Maggiore) il suo nome è stato scolpito a ricordare che l’edificio è stato costruito grazie al suo lascito; all’interno del Duomo, in fondo a sinistra, è presente una lapide murata in cui si ricorda che le quattro colonne centrali della cattedrale sono state innalzate grazie alla sua generosità. Il Padiglione Marangoni dell’Ospedale è stato il Palazzo dove abitava la famiglia Carcano fino alla fine del XIX secolo. L’edificio fu poi acquistato dal Policlinico di Milano nel 1980 ed è sede del Centro Trasfusionale dal 1985. 

E il teatro? Fu fondato nel 1803 da un pronipote di Carcano.

Scopri di più sul parimonio artistico dell'Ospedale