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Due ovali e il testamento generoso di Maria Teresa Quest Rosetti
— di Valentina Castellano Chiodo
Una storia dal passato che lega tre generazioni al Policlinico di Milano
A volte l’amore supera qualsiasi generazione. La storia di questa benefattrice del Policlinico di Milano è una battaglia personale contro la guerra, una storia di generosità del passato, in cui la volontà di una donna riesce a vincere sulla violenta forza delle bombe, preservando l’arte e la memoria.
Questa è la storia di Maria Teresa Quest Rosetti (1879-1953), moglie dell’importante ingegnere industriale Giovanni Rosetti, che con il suo testamento del 16 novembre 1950 nomina l’Ospedale Maggiore (oggi Policlinico di Milano) suo erede universale, donando 1 milione di lire e un piccolo terreno, e includendo per iscritto la richiesta di attenzioni dopo la morte per sé e per tutti i suoi più cari familiari, sepolti nel nobile Cimitero Monumentale di Milano.
L’Italia vive i Ruggenti Anni Venti, caratterizzati dalla ricostruzione, dall’emancipazione femminile, da nuovi fermenti artistici e culturali.
Un ricordo di quegli anni è il ritratto in bianco e nero che rimane di lei, seduta in abiti eleganti, dove sorride col cappello piumato, i capelli in ordine e i gioielli, in mano la borsetta all’ultima moda.
Ma è un tempo controverso per il nostro Paese, che precede la Grande Crisi del ’29 e il consolidamento del regime fascista che porterà alla Seconda Guerra Mondiale.
Così già nel 1942 Maria Teresa dona all’Ospedale il ritratto della madre Adele Moneta, un elegante dipinto ovale, eseguito intorno al 1880 dal pittore torinese Carlo Clara, affinché, in vista dei bombardamenti su Milano, fosse custodito, al sicuro dalla distruzione, assieme alle altre opere della Quadreria Ospedaliera.
Col testamento, insieme al cospicuo lascito, Maria Teresa chiede che venga eseguito un ritratto, non per se stessa (com’è consuetudine per i benefattori dell’Ospedale sin dal 1603), ma per commemorare la figlioletta. Il dipinto viene commissionato ad Alberto Salietti, pittore romagnolo che insieme a colleghi quali Mario Sironi o Achille Funi è uno dei fondatori del movimento artistico “Novecento”.
Salietti nel 1958 ritrae la ragazzina in una simpatica posa adolescenziale, seduta su una poltroncina in un ambiente colorato e vivace, ricco di dettagli, dal tavolino con vaso di fiori ai dipinti sul muro azzurro, che mette in risalto l’equilibrio della composizione: il viso di Lydia è incorniciato dal caschetto di capelli neri e l’abitino rosso raccoglie giochi di movimenti col chiaroscuro.
Il formato ovale, inconsueto nei dipinti commissionati per la Quadreria, crea un legame simbolico con il ritratto ottocentesco di forma analoga che raffigura Adele, un dialogo silenzioso fra opere d’arte di due epoche diverse, un omaggio che intreccia l’amore di tre generazioni, una madre, una nonna e una nipotina, per sempre legate dalla memoria.
Maria Teresa Quest Rosetti, come tanti altri benefattori del Policlinico di Milano, riposa nella tomba di famiglia presso il Cimitero Monumentale di Milano, che vediamo ancora integra in una foto del 1913, prima della distruzione provocata dalle bombe della Seconda Guerra Mondiale.