‘Raffreddare’ il cervello contro l’ictus e la carenza di ossigeno del neonato
— di Lino Grossano
A occuparsi di questi aspetti sono gli esperti della Spettroscopia a risonanza magnetica, che nella Fondazione Ca’ Granda lavorano da vent’anni e che sono appena stati riconosciuti come un centro d’eccellenza. La loro attività si concentra, in particolare, su tutti gli aspetti chimici, biochimici e funzionali dei diversi organi in vivo, ovvero direttamente sul paziente, con tecniche totalmente innocue e non invasive.
”Le possibilità di studio sono praticamente illimitate – spiega Mario Rango, il medico della Fondazione che coordina questo centro interdipartimentale – a seconda della metodica spettroscopica utilizzata. I nostri studi sono vari, ma una delle particolarità è proprio lo studio della temperatura cerebrale e di come si modifica in caso di patologie”. Mantenere la temperatura del cervello costante e al giusto valore, spiega infatti l’esperto, ”è fondamentale per il corretto funzionamento del sistema nervoso. Alcune patologie frequenti come l’ictus o il trauma cerebrale provocano un aumento della temperatura cerebrale che è dannoso per il cervello, e per il quale si sta tentando di sviluppare metodi di ‘raffreddamento’ cerebrale”.
Nei neonati, ”la carenza d’ossigeno durante il parto è una patologia abbastanza frequente nelle neonatologie. Per trattarla si utilizza abitualmente il raffredamento cerebrale in modo empirico ma senza misurare la temperatura effettiva del cervello. La misurazione di questo parametro con la spettroscopia a risonanza magnetica, invece, permette di modulare e raffreddare in modo preciso il cervello del neonato, ottenendo un migliore approccio terapeutico”.
Per quanto riguarda gli adulti, invece, una ricerca condotta in Fondazione ”ha rilevato nella malattia di Parkinson un aumento della temperatura cerebrale che potrebbe accelerare i processi degenerativi della malattia, e quindi richiedere un intervento terapeutico di modulazione e raffredamento del cervello”. Riportare l’organo alla temperatura giusta, in pratica, potrebbe minimizzare o comunque rallentare i danni di questa patologia, affiancando e potenziando le attuali terapie.