Chi fuma è più a rischio di morte, infarti e ictus dopo un intervento chirurgico
— di Lino Grossano
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Affrontare un intervento chirurgico è molto più rischioso per chi fuma: il vizio delle sigarette infatti fa aumentare la mortalità post-operatoria nei primi 30 giorni dall’operazione, così come il rischio di malattie cardiovascolari o di problemi respiratori. Per contro, tutti questi rischi sono ridotti al minimo se il paziente non fuma affatto, oppure se ha smesso di fumare da almeno un anno. Lo ha dimostrato uno studio pubblicato sulla rivista scientifica JAMA Surgery firmato da Khaled Musallam, ricercatore del Dipartimento di Medicina Interna all’Università di Beirut, Libano e (tra gli altri) da Luca Lotta e Flora Peyvandi del Centro Emofilia e Trombosi ‘Angelo Bianchi Bonomi’ del Policlinico di Milano. Proprio in questo Centro Musallam ha potuto perfezionare i suoi studi fino al 2012.
Gli esperti hanno analizzato più di 600 mila pazienti che sono stati sottoposti ad un intervento chirurgico importante, tra Stati Uniti, Canada ed Emirati Arabi Uniti. Il gruppo di pazienti, con età media 55 anni e per il 42,7% uomini, era composto da oltre 125 mila fumatori, più di 78 mila ex fumatori (che avevano smesso da almeno un anno) e da circa 400 mila persone che non hanno mai fumato.
Dai dati analizzati nello studio è emerso che i fumatori hanno una mortalità maggiore del 17% nel post operatorio rispetto a ex fumatori o a non fumatori. Per quanto riguarda gli eventi cardiovascolari, come infarto e ictus, il rischio per i fumatori è più alto del 45% rispetto a quello degli ex fumatori; anche gli eventi respiratori (come polmonite, intubazione non programmata, richiesta di ventilazione assistita per più di 48 ore) sono più probabili nei fumatori che negli ex fumatori, con un aumento del rischio del 32%. L’aumento del rischio è identico in entrambi i sessi e per tutte le fasce di età (specie al di sopra dei 40 anni), a prescindere che l’intervento chirurgico sia stato programmato o effettuato in emergenza.
Non si sono invece notate differenze tra fumatori, ex fumatori e non fumatori per quanto riguarda gli eventi venosi, come embolia polmonare o trombosi venosa profonda.
Un altro dato importante è che il legame fumo di sigaretta-mortalità è indipendente dal numero di sigarette fumate: il rischio infatti è identico anche in chi fuma meno di 10 pacchetti all’anno. Invece, gli eventi cardiovascolari o respiratori sono dose-dipendenti: significa che più sono le sigarette fumate, maggiori sono i rischi che si verifichi la patologia.
Indagando più a fondo la correlazione con il numero di sigarette fumate, i ricercatori hanno visto che la mortalità per i fumatori era identica sia che il paziente fumasse meno di 10 pacchetti l’anno sia che ne fumasse più di 50 l’anno. Gli ex fumatori, invece, non avevano un rischio di mortalità aumentato, nemmeno se prima di smettere fumavano più di 50 pacchetti l’anno.
“Il fumo di sigaretta – spiega Pier Mannuccio Mannucci, direttore scientifico del Policlinico – rimane una delle principali cause di morbidità e di mortalità. E’ responsabile di almeno mezzo milione di morti ogni anno, e di circa 200 miliardi di dollari in costi aggiuntivi per la sanità pubblica per la perdita di produttività nei soli Stati Uniti. La pericolosità del fumo era già stata ampiamente studiata, ma per la prima volta questo studio ha analizzato gli ex fumatori, e ha messo in correlazione lo smettere di fumare con gli eventi post-operatori. In sostanza, smettere di fumare almeno un anno prima di affrontare un intervento chirurgico importante permette di azzerare la mortalità post-operatoria dovuta al fumo di sigaretta nei fumatori, e abbassa il rischio di eventi polmonari o cardiovascolari. Queste scoperte – conclude – devono incoraggiare ancora di più gli sforzi per smettere di fumare: e questo vale anche per i ‘light smokers’, chi fuma cioè meno di 10 pacchetti all’anno, visto che anche per loro aumenta il rischio di morte“.