Mannucci: “Investire in ricerca ripaga, e fa guadagnare già entro 2 anni”
— di Lino Grossano
l’esperto domani a colloquio con il Presidente Napolitano insieme ai colleghi del Gruppo 2003
Pier Mannuccio Mannucci
“In questi giorni la campagna elettorale si sta concentrando sui temi più disparati. L’unico argomento che mette d’accordo più o meno tutti gli schieramenti politici è un quasi totale silenzio sui temi della ricerca. Eppure, non solo la scienza e la ricerca sono essenziali motori dell’economia; ma è dimostrato che investire oggi in ricerca permette addirittura di guadagnarci, già entro due anni“. A dirlo è Pier Mannuccio Mannucci, direttore scientifico della Fondazione Ca’ Granda Policlinico di Milano, che domani incontrerà il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano insieme a diversi altri scienziati del Gruppo 2003.
Il Gruppo è stato fondato 10 anni fa, oltre che da Mannucci, da scienziati del calibro di Silvio Garattini dell’Istituto Mario Negri, Giuseppe Remuzzi degli Ospedali Riuniti di Bergamo, Alberto Mantovani dell’Humanitas e, tra gli altri, da Guido Tabellini, professore di economia politica alla Bocconi. L’incontro di domani con Napolitano non è casuale: “Il Presidente è sempre stato molto attento ai temi della scienza – spiega Mannucci – ad esempio, proprio grazie ad un suo intervento è stato scongiurato il taglio previsto agli enti di ricerca per il 2012, pari a 33 milioni di euro“. Per il 2013 e per il 2014 sono invece previsti tagli per 88 milioni all’anno, per un totale di 176 milioni: “Per fare un esempio, sui camionisti non è stato previsto alcun taglio, ma anzi c’è un contributo annuale dello Stato pari a 400 milioni di euro. Questo, a prescindere dall’importanza del settore dei trasporti, è intollerabile“.
Inoltre, continua Mannucci, uno studio commissionato dalla UK Academy of Medical Sciences “dimostra che per ogni sterlina che si investe oggi in ricerca biomedica si guadagnano 0,39 sterline all’anno per sempre: significa che non solo è un investimento sensato sul lungo termine, ma anche sul breve tempo, dato che già dopo due anni i soldi investiti hanno fruttato addirittura un guadagno“.
Peraltro, al di là del caso italiano, il resto del mondo continua a credere nella ricerca scientifica: nel 2011 ci sono stati investimenti per 1.334 miliardi di dollari, pari al 2% del PIL del pianeta (fonte: 2012 Global R&D Global Forecast). Nonostante la crisi economica, alcuni Paesi hanno addirittura aumentato lo stanziamento delle risorse, come Francia (+1 miliardo di euro all’anno per 5 anni) e Germania (+1 miliardo di euro all’anno per 2 anni). “In Italia invece – commenta Mannucci – tra il 2008 e il 2010 la spesa per la ricerca è aumentata dall’1,11% all’1,26% del PIL, ma solo perché è diminuito più il PIL italiano che i fondi per la ricerca. Siamo infatti passati da 9,9 miliardi di euro a 9,1 miliardi. Non è un caso se l’Italia è il sesto paese al mondo per la qualità della produzione scientifica biomedica, ma è trentunesima su 34 per lo stanziamento di fondi” (fonte: OCSE 2010).
Come spiega lo stesso Gruppo 2003, “Il tema della ricerca scientifica è assente dalla campagna elettorale che stiamo vivendo se non in termini rituali e generici. La ricerca scientifica italiana ha bisogno di un futuro migliore, fatto di investimenti strategici, di programmazione, di trasparenza e di incentivi al merito. E l’Italia ha bisogno di ricerca scientifica produttiva e competitiva per uscire dal declino in cui l’attuale grave crisi economico-finanziaria la sta portando. Serve un cambiamento culturale, che riconosca alla ricerca scientifica il suo ruolo fondamentale come motore delle politiche di sviluppo, rilancio e innovazione. Si assiste invece da troppo tempo – concludono i ricercatori – a una generale mancanza di interesse culturale e politico nei confronti della ricerca, che ci allontana sempre più da paesi come la Germania, la Francia e gli Stati Uniti“.