notizia
15/04 2013
Cultura

18 aprile 2013_ ancora forte l’appuntamento secolare della Festa del Perdono

— di Lino Grossano

di Paola Navotti

Quando le cose durano nel tempo, addirittura nei secoli, è perché rimane vivo il loro significato. La Festa del Perdono è un esempio di questo.

Nel 1459 il Duomo era ancora nella fase iniziale della sua costruzione e così era l’Ospedale Maggiore, fondato solo tre anni prima da Francesco e Bianca Maria Sforza, duchi di Milano. Per sostenere queste due grandi opere il papa Pio II aveva stabilito che al 25 marzo, solennità dell’annunciazione, degli anni pari fosse concessa l’indulgenza plenaria a coloro che compissero delle donazioni per la costruzione del Duomo; e che al 25 marzo degli anni dispari, l’indulgenza fosse concessa a coloro che donassero all’ospedale. La festa del Duomo e quella dell’ospedale, chiamata Festa del Perdono, si alternano dunque da oltre cinque secoli.

Il terreno donato dagli Sforza per l’edificazione dell’ospedale aveva una parte pianeggiante, occupata da abitazioni ed una parte sopraelevata e incolta, per questo chiamata “montagna”. Tra case in demolizione e fornaci era stata allestita, secondo la bolla papale, la parrocchia dell’ospedale, dedicata alla Beata Vergine Annunciata, ma mancava quasi tutto: c’era solo un altare di legno e una cassa a doppia chiave per le offerte. Le cronache raccontano che il 25 marzo 1460, prima Festa del Perdono, in questa chiesa così rudimentale si sia recata una folla di fedeli proveniente da ogni angolo del ducato – da Bellinzona; dalla valle del Taro; da Domodossola; Pontremoli; Cremona; Parma e Mortara – per lasciare una donazione all’ospedale e ottenere così la remissione dei propri peccati. Il perdono, appunto. Un dono enormemente superiore alle aspettative; la promessa di un centuplo: lassù, ma anche quaggiù, per la certezza di contribuire alla costruzione di un’opera grande per tutti, anche per se stessi.

Fino alla seconda guerra mondiale la bolla pontificia che aveva originato la Festa del Perdono veniva portata in processione dal Duomo fino all’ospedale – quello antico, ossia l’edificio progettato dal Filarete, oggi sede dell’Università degli Studi – nel cui cortile venivano esposti i ritratti di tutti i benefattori che avevano contribuito alla sua costruzione. L’accresciuta, e giusta, severità dei criteri conservativi non rende più possibile l’esposizione all’aperto dei quadri e ciò dispiace molto: mostrare i volti di coloro ai quali l’ospedale deve tutto era per la città un segno fortissimo di riconoscenza.

552 anni dopo l’inizio, la Festa del Perdono giunge alla sua 276° edizione e quest’anno – siccome il 25 marzo è coinciso con il lunedì della settimana santa, periodo liturgico nel quale sono ammesse solo le solennità pasquali – si terrà il 18 aprile. Il cardinal Scola, arcivescovo di Milano e, per questo, secondo la tradizione, parroco dell’ospedale, parteciperà alla sua prima Festa del Perdono. Si svolgerà così:

Ore 10.00        SANTA MESSA, celebrata dal Cardinal Scola, nella Chiesa dell’Annunciata.

I fedeli che nella giornata visiteranno una delle chiese dell’ospedale (S. Maria Annunciata – via F. Sforza, 32; Ss. Innocenti – via della Commenda, 12; S. Giuseppe ai Padiglioni – via F. Sforza, 35; B. V. Maria  Addolorata – via Pace, 9) – potranno ottenere l’indulgenza plenaria alle usuali condizioni (confessione, comunione e preghiera secondo le intenzioni del Sommo Pontefice).

Ore 11.30        Aula Magna – Università degli Studi di Milano

                        GUARIRE QUALCHE VOLTA, CURARE SPESSO, CONSOLARE SEMPRE

Un esponente di ciascuna categoria di lavoratori dell’Ospedale (un medico; un infermiere; un’ostetrica; un ausiliario; uno specializzando; un rappresentante del volontariato e un religioso) rivolgerà al cardinal Scola una domanda, in merito al proprio lavoro e al tema dell’incontro.

Sarà presente anche Gianluca Vago, Rettore dell’Università degli Studi, per un intervento di saluto.

Ieri come oggi, la Festa del Perdono continua ad essere un richiamo alla carità, alla gratuità, al per-dono, come fattori essenziali nella costruzione della società. Da questo punto di vista, oggi più di ieri.