A cavallo tra farmacologo e geriatra: ecco il nuovo medico a misura di anziano
— di Lino Grossano
Al seminario REPOSI gli esperti presentano i “punti imprescindibili”
per la salute del paziente complesso
L’Italia è uno dei Paesi con più longevi al mondo, ma questo primato ha un prezzo: perché cresce sempre più il numero di anziani che soffrono contemporaneamente di diverse malattie, e che per curarle devono assumere farmaci differenti e spesso non compatibili tra loro. Si calcola che oltre il 60% di chi ha più di 65 anni si trovi in questa situazione: è un fenomeno che “rischia di generare interazioni pericolose tra terapie, oppure di inefficacia dei farmaci, o ancora di abbandono delle cure da parte del paziente”. A dirlo sono gli esperti, che lanciano proprio su questo tema il seminario internazionale REPOSI, previsto il 25 e il 26 settembre a Milano.
L’appuntamento è nell’Aula Magna della Clinica Mangiagalli, alla Fondazione Ca’ Granda – Ospedale Maggiore Policlinico, ed è organizzato da Pier Mannuccio Mannucci, direttore scientifico della Fondazione, insieme a Silvio Garattini e Alessandro Nobili dell’Istituto Farmacologico Mario Negri e alla Società Italiana di Medicina Interna.
Nel seminario saranno presentati anche i dati di uno studio condotto in 80 reparti di medicina interna e geriatria di tutta Italia, che ha raccolto informazioni relative a oltre 4.000 pazienti nell’arco di tre anni: sulla base dei risultati, gli esperti hanno elaborato “alcune proposte metodologiche per il medico internista che deve affrontare la gestione di patologie complesse, talvolta croniche, di una popolazione sempre più anziana”. Proposte che vogliono anche superare le attuali linee guida, quasi sempre derivate da studi clinici condotti su pazienti più giovani e con un’unica patologia: condizioni che, in poche parole, non rendono conto della complessità delle patologie nell’anziano e del sovrapporsi di numerose terapie assunte contemporaneamente.
“La vera sfida – aggiungono gli specialisti – è quella di creare una nuova figura di medico internista, che sia a cavallo tra il farmacologo e il geriatra. I punti imprescindibili di questa nuova figura dovranno essere tre: primo, c’è bisogno di una razionalizzazione della cosiddetta poli-terapia, per ottimizzare l’appropriatezza dei farmaci che vengono somministrati al paziente anziano. Secondo, bisogna risolvere i problemi legati all’interazione tra farmaci diversi, che nell’età avanzata sono ancora più accentuati. Infine, bisogna analizzare i pazienti da diversi punti di vista contemporaneamente, con quello che è chiamato dai geriatri ‘approccio multi-dimensionale’. Il medico non può più ignorare o sottovalutare questi problemi, che hanno una ricaduta diretta sia sui risultati della cura sia sulla qualità di vita dei pazienti”.
Il ‘nuovo’ internista, concludono gli esperti, dovrà poi far propri alcuni strumenti tipici della geriatria che valutano l’influenza della ridotta autonomia del paziente anziano: “E’ dimostrato infatti che vi è una stretta correlazione tra il deficit delle funzioni cognitive, acuito dal ricovero, e un aumentato rischio di mortalità e ri-ospedalizzazione”.