Raro tumore operato su bimbo di 2 anni e mezzo: organi ‘salvi’ grazie al robot
— di Lino Grossano
Gli esperti: “E’ un intervento record, il primo in Italia di questo tipo”
Non è mai facile affrontare una malattia come un tumore. E lo è ancor meno per un bambino di 2 anni e mezzo, soprattutto se la patologia è molto aggressiva. Questa è la storia di Luca (nome di fantasia), ed è una storia a lieto fine perché il suo tumore, grazie agli esperti della Fondazione Ca’ Granda Policlinico di Milano, è stato rimosso senza sacrificare alcun organo ma anzi ripristinandone la funzionalità: tutto questo grazie all’utilizzo di un robot in sala operatoria, per quello che è di fatto il primo intervento in Italia di questo tipo.
La storia di Luca comincia circa un anno fa, quando viene portato al Pronto Soccorso Pediatrico della Fondazione Ca’ Granda Policlinico di Milano, inviato da un altro ospedale. Già allora, raccontano i medici del Policlinico, “si presentava in gravi condizioni generali, con una importante insufficienza renale acuta con valori 7 volte oltre la norma e la presenza di una grossa tumefazione addominale”. Il bimbo viene subito ricoverato nella Rianimazione Pediatrica e trattato con procedure d’emergenza, che portano ad un iniziale miglioramento delle sue condizioni.
Gli esami diagnostici dimostrano che c’è un grosso tumore che coinvolge la prostata, la vescica e diversi linfonodi. Si chiama “rabdomiosarcoma embrionale” ed è un tumore raro e aggressivo che colpisce nella prima infanzia. Insieme ai colleghi dell’Istituto Nazionale dei Tumori, gli esperti del Policlinico calibrano la chemioterapia e la radioterapia: l’obiettivo è quello di ridurre il più possibile la massa tumorale, in modo da renderla sufficientemente piccola da essere asportata con la chirurgia. Sono dovuti passare 9 mesi di trattamenti e cure prima di arrivare alla sala operatoria, dove si è svolto il vero e proprio intervento chirurgico.
Gli specialisti guidati da Gianantonio Manzoni, direttore dell’Urologia Pediatrica del Policlinico e presidente neo-eletto della European Society for Pediatric Urology (ESPU), hanno eseguito una “cisto-prostatectomia parziale per via robotica laparoscopica assistita”: ovvero, hanno rimosso il tumore residuo preservando i tessuti sani e salvando la funzionalità degli organi coinvolti. L’intervento, effettuato con il robot da Vinci da Bernardo Rocco, chirurgo urologo specialista della Fondazione, ha permesso al piccolo Luca di tornare, a due mesi da quella operazione, ad essere esattamente come tutti gli altri bambini.
La strada da percorrere però non è ancora finita: “Pur con un follow-up necessariamente lungo – spiega Manzoni – l’integrazione di diversi ambiti clinici, così come l’utilizzo delle più sofisticate tecnologie chirurgiche attualmente a disposizione, ha permesso una completa asportazione della massa tumorale senza la necessità di dover rimuovere completamente la vescica e di dover procedere a interventi sostitutivi molto più complessi e invalidanti“, come invece avverrebbe di solito: è questo il vero valore aggiunto, nonché il record, dell’intervento. Inoltre, aggiunge Rocco, “la grande esperienza maturata nell’ambito della chirurgia robotica per il tumore prostatico dell’adulto è stata fondamentale per pianificare l’intervento nei dettagli”.
La possibilità di applicare la chirurgia robotica anche in urologia pediatrica “è un ambito di altissima specializzazione – conclude Manzoni – che richiede necessariamente la presenza di Centri di eccellenza in cui coesistano competenze nell’ambito dell’urologia sia dell’adulto sia del bambino. Centralizzare le risorse per il trattamento delle patologie più complesse è quindi indispensabile, soprattutto in un momento storico come quello che stiamo vivendo, e in cui è ancor più necessario riuscire a contenere i costi della sanità pubblica”.
Poter impiegare il robot nella chirurgia urologica sia adulta che pediatrica nella Fondazione Ca’ Granda, concludono i due esperti, “è stato possibile anche grazie all’integrazione con il prezioso e fondamentale supporto delle Onlus Fondazione RTU per la Ricerca e Terapia in Urologia e della Associazione per il Bambino Nefropatico (ABN), che hanno permesso di lanciare questo progetto con pieno successo”.