Inquinamento uccide 3,7 milioni di persone all’anno con tumori, infarti e ictus
— di Lino Grossano
Il costo dei decessi è 780 miliardi di euro in un solo anno.
Gli esperti: “Le soglie europee per gli inquinanti non sono affatto adeguate”
In un anno muoiono nel mondo 3,7 milioni di persone a causa dell’aria che respirano. Un numero impressionante ma non sorprendente, secondo gli esperti, visto che gli studi scientifici non lasciano dubbi: gli inquinanti, le polveri sottili e in generale i contaminanti presenti nell’atmosfera provocano ictus, infarti, tumori, asma, polmoniti, allergie e molte altre patologie. Il danno, oltre che sulla salute, è anche economico: le morti per inquinamento sono aumentate del 7% in cinque anni nei Paesi Ocse, e il costo legato a questi decessi ha raggiunto 780 miliardi di euro nel solo 2010.
Questi e altri dati sono al centro del convegno “I costi dell’inquinamento atmosferico: un problema dimenticato”, organizzato da Fondazione Ca’ Granda Policlinico di Milano, IEFE – Università Bocconi e Associazione Peripato. Gli esperti si sono confrontati in Bocconi per approfondire il legame tra salute e inquinamento, capire l’impatto economico delle polveri sottili sulla salute e per proporre delle strategie condivise con cui abbattere il livello di inquinanti.
“Secondo il rapporto globale 2014 dell’Organizzazione mondiale della sanità – spiega Pier Mannuccio Mannucci, direttore scientifico del Policlinico – l’inquinamento ambientale è anche responsabile di almeno 600mila morti premature, e incide sui costi per la salute fino a 940 miliardi di euro. Le direttive europee fissano come soglia limite per il PM 2,5, che sono polveri sottili capaci di arrivare fino in profondità nei polmoni, 25 microgrammi per millimetro cubo d’aria: ma le linee guida dell’Oms fissano un limite molto più basso, a 10 microgrammi”. L’Agenzia americana per la protezione dell’ambiente (Epa) raccomanda un limite di 12 microgrammi: una soglia molto più simile a quella dell’Oms piuttosto che a quella europea, e che conferma “l’inadeguatezza dei limiti fissati per l’Europa”.
Lo stesso vale per il PM 10, che colpisce le vie aeree superiori: in Europa la soglia tollerabile è 40 microgrammi, per l’Oms deve essere la metà. “Se guardiamo le soglie europee, il 31% della popolazione è esposta ai pericoli del PM 2,5; ma seguendo la soglia dell’Oms, la popolazione esposta è pari al 96%”. Analogamente, per il PM 10 il pericolo riguarda il 33% secondo la soglia europea, ma l’88% secondo i parametri Oms_ “Per questo – aggiunge Mannucci – l’Europa dovrebbe abbassare i suoi attuali limiti, fermi da diversi anni. Tra l’altro la Commissione Europea ha stimato che basterebbe spendere 3,3 miliardi di euro nel mitigare l’inquinamento dell’aria perché questo si traduca in un risparmio annuale di almeno 40 miliardi, sia sociale che sanitario”.
“Non fare nulla costa più che fare: alle famiglie, ai governi locali e centrali – avverte Lidia Rota Vender, presidente dell’Associazione per la Lotta alla Trombosi e alle malattie cardiovascolari onlus (ALT) – ogni anno l’Europa spende 196 miliardi di euro per infarto, ictus cerebrale, embolia, trombosi venose e arteriose: il 54% per i costi diretti, legati alla cura di queste malattie, ai ricoveri in ospedale, agli esami e ai farmaci. Il rimanente 46% per i costi indiretti, legati alla mancata produttività e alle spese sostenute dalle famiglie per l’assistenza ai malati colpiti da malattie che, quando non uccidono, lasciano una gravissima invalidità, spesso permanente e troppo spesso prematura. Inoltre, ogni aumento di 10 punti percentuali dei casi di infarto e ictus causa all’Italia un rallentamento della crescita economica valutabile intorno allo 0,5%. E le previsioni per il 2020 sono catastrofiche e vanno ben oltre il 10% in termini di aumento dei casi di ictus e infarto”.
Secondo Sergio Harari, direttore dell’Unità Operativa di Pneumologia dell’Ospedale San Giuseppe di Milano e presidente dell’Associazione Peripato, “importanti ricerche scientifiche, come gli studi Escape, hanno provato che l’inquinamento causa il cancro al polmone e aumenta il rischio di quello alla vescica, aumenta la mortalità per scompenso cardiaco, riduce il peso alla nascita dei neonati. Sulla base proprio di questi dati, l’Oms e l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro hanno incluso per la prima volta l’inquinamento dell’aria, e soprattutto il particolato sottile, nel gruppo 1 delle condizioni carcinogeniche, il più pericoloso”. Inoltre, la crisi economica “non può essere una scusa per rinviare interventi che non sono stati attuati neanche quando la situazione finanziaria era ben diversa. Le politiche dell’aria hanno un costo, ma fanno risparmiare molto in costi socio-sanitari: un recente studio italiano ha dimostrato come a Roma una riduzione di soli 5 µg/m3 di PM 2,5 comporterebbe un risparmio di circa un milione di euro e salverebbe circa 600 vite umane. I cittadini hanno diritto ad un ambiente sano e salubre – conclude Harari – perciò è importante che si mettano in atto tutte le misure utili per contenere al più presto l’inquinamento atmosferico, per il bene della nostra salute ma anche dell’economia”.
LA SITUAZIONE A MILANO
La zona più inquinata d’Italia è la Pianura Padana: diversi studi stimano che qui ogni abitante perda in media da 2 a 3 anni di vita a causa dell’inquinamento. A causa dello ‘sforamento’ delle soglie fissate dall’Oms per la quantità di inquinanti nell’aria, in Lombardia ogni anno muoiono 300 persone, l’80% delle quali (circa 230) nella sola Milano. Questo dato considera unicamente gli effetti ‘acuti’ dell’inquinamento, e non prende in considerazione l’impatto maggiore dovuto all’esposizione cronica.
Nel capoluogo lombardo qualcosa si è mosso per risolvere la situazione, anche se non è ancora abbastanza. I tentativi di incentivare il car sharing e l’uso della bicicletta, insieme alle restrizioni del traffico automobilistico (prima con l’Ecopass e poi con l’Area C) hanno ridotto del 18% le concentrazioni di PM 10, e del 10% quelle dagli ossidi d’azoto. “Il dato più importante – dice Mannucci – è il marcato miglioramento della qualità dell’aria attraverso la riduzione della componente del particolato chiamata black carbon, che è considerata la più nociva per la salute dell’uomo per la sua elevata capacità di superare la barriera polmonare ed entrare nella circolazione del sangue. Anche durante le domeniche senza traffico, tanto criticate per la loro inefficacia nel ridurre le concentrazioni globali di PM 10, è stata ottenuta una riduzione del black carbon del 78% in paragone a precedenti domeniche con traffico normale e simili per condizioni meteorologiche”.
“Calcolare correttamente i costi e i benefici sociali dei piani, delle misure, delle infrastrutture e dei servizi che incidono sul territorio e sull’ambiente, non limitandosi alle cifre iscritte nei bilanci delle istituzioni e delle imprese – aggiunge Edoardo Croci, direttore di ricerca allo IEFE-Università Bocconi – è necessario per valutare l’effettiva convenienza delle scelte pubbliche. Secondo l’ultimo rapporto dell’Agenzia europea dell’ambiente sulla qualità dell’aria in Europa la Pianura Padana, nonostante la tendenza al miglioramento, resta la peggiore d’Europa in termini di qualità dell’aria, insieme all’area più industrializzata della Polonia. A Milano la responsabilità principale delle emissioni di PM 10, circa l’85%, è del traffico, e in Area C l’Agenzia Mobilità Ambiente Territorio (AMAT) ha stimato che oltre il 70% delle emissioni allo scarico è attribuibile ad auto e camion diesel euro 3 e 4 e a motorini a due tempi. Politiche che riducano la circolazione di questi veicoli – conclude Croci – possono dunque generare grandi benefici anche in termini economici”.