Da un piccolo anticorpo una possibile cura contro i micro-trombi del cervello
— di Lino Grossano
Studio guidato dai ricercatori del Policlinico di Milano e della Statale per trovare una migliore terapia della Porpora Trombotica Trombocitopenica. Gli esperti puntano a rendere disponibile il farmaco in Europa entro 2017
In molti casi di ictus o infarto il problema nasce da un trombo, ovvero un coagulo che blocca la circolazione del sangue e che può creare gravi danni, se non si interviene in tempo. Esiste però una malattia ancora più subdola nella quale i trombi sono tanti, si formano soprattutto nel cervello e sono abbastanza piccoli da non bloccare completamente i vasi sanguigni. Anche se non creano ictus, però, questi micro-trombi provocano cefalee, alterazione dello stato mentale, perdita delle funzioni sensoriali e di movimento, fino alle convulsioni e al coma. Questa malattia si chiama Porpora Trombotica Trombocitopenica (PTT): è rara, spesso ha origine da un difetto del sistema immunitario e non esiste ancora una cura ben definita. Almeno fino ad ora: perché sul New England Journal of Medicine è stato appena pubblicato uno studio guidato da Flora Peyvandi, del Centro Emofilia e Trombosi “Angelo Bianchi Bonomi” della Fondazione Ca’ Granda Policlinico di Milano e dell’Università Statale di Milano, che ha studiato una possibile terapia per questa patologia rara basandola su un mini-anticorpo chiamato Caplacizumab.
La PTT colpisce circa una persona ogni 100mila: insorge all’improvviso, e ha un grande impatto sull’aspettativa e sulla qualità della vita del paziente. La malattia uccide 1-2 malati ogni 10, in genere entro 2 settimane dalla diagnosi: alcune volte può svilupparsi anche nel corso di una gravidanza o in seguito a delle infezioni. L’attuale terapia standard consiste nell’uso di farmaci che sopprimono il sistema immunitario e in sedute quotidiane di ‘plasmaferesi’ per purificare il sangue; nel 36% dei casi, però, i pazienti hanno delle ricadute, che possono causare ulteriore danno agli organi anche a lungo termine.
Le cose potrebbero però migliorare, almeno parzialmente, per i pazienti con PTT_ i ricercatori guidati da Flora Peyvandi, infatti, hanno appena concluso la fase II dello studio TITAN, con il quale hanno dimostrato che il piccolo anticorpo Caplacizumab, in aggiunta alla terapia standard, “agisce rapidamente nel controllare la fase acuta della malattia – spiega la ricercatrice – e protegge i pazienti fino a che i trattamenti immunosoppressivi non cominciano ad avere effetto. Il farmaco ha quindi il potenziale per diventare un nuovo importante componente nella cura standard dei pazienti con PTT acquisita”.
Inoltre il Caplacizumab, riporta lo studio, “ha ridotto l’uso quotidiano di plasmaferesi e ha impedito il consumo delle piastrine nei micro-trombi e quindi l’occlusione di piccoli vasi sanguigni, oltre a ridurre il numero di ricadute di malattia”. Al momento è già in corso uno studio confirmatorio internazionale di fase III: gli esperti puntano a far approvare l’utilizzo del Caplacizumab in Europa nella prima metà del 2017, e ad ottenere la licenza per commercializzare il prodotto negli Stati Uniti nel 2018.