Amarcord dal futuro. Intervista a Emanuele Montanari
— di Monica Cremonesi
Parlare con Emanuele Montanari vuol dire fare un tuffo nella Milano conosciuta da tutti come la metropoli ricca d’arte, di musica, cuore della finanza e della medicina. C’è un fil rouge che lega la vita di questo medico, direttore dell'Urologia al Policlinico, alla città in cui è nato, e che affonda le radici nel suo albero genealogico. “Il mio bisnonno – racconta - venne qui dall’Emilia alla fine dell’800 per fare il concertista alla Scala, era il tempo di Verdi e della grande Opera”. Da allora la sua famiglia è milanese doc, con un nonno tra i primi laureati in Bocconi e tra i fondatori del Banco Ambrosiano.
Un altro suo tratto milanese è l'urgenza di fare e di rinnovare, come testimonia il suo curriculum. Mi incuriosisce il motivo per cui si sia avvicinato all'urologia.
“Perché è una specialità bella, vasta, e nel tempo le ho visto compiere un’accelerazione tecnologica che poche specialità hanno conosciuto. Non mi sono mai pentito della scelta, anzi, direi che è stata la fortuna della mia vita”.
Qua inizia il suo amarcord, nel luogo che per i milanesi è “l'origine” dell’urologia e cioè il Padiglione Cesarina Riva al Policlinico di Milano. Montanari ricorda di quando, arrivato da giovane medico nel 1983, si operavano i calcoli con interventi molto più invasivi di oggi, e l'operazione per rimuovere la prostata era considerata troppo rischiosa. Poi, racconta,
“ho visto cambiare radicalmente la cure: ad esempio siamo stati i primi ad avere il litotritore, uno speciale apparecchio che frantuma i calcoli senza necessità di incidere chirurgicamente, e il primo uretroscopio per l'esame dell'uretra. Nel giro di pochi anni gli interventi sono diventati mininvasivi nella quasi totalità”.
Ancora oggi il Policlinico di Milano vanta una casistica tra le più importanti in materia di calcoli.
“Gli studi dimostrano che, dopo le infezioni, la calcolosi è la patologia urologica più diffusa, ben più dei tumori, e in questo campo il Policlinico è il centro più importante in Italia anche per gli interventi sui pazienti in età pediatrica”.
Al Cesarina Riva, prosegue Montanari, si sono viste anche tutte le evoluzioni per trattare il tumore alla prostata: prima l'asportazione chirurgica, poi
"negli anni ’90 iniziò l’era della laparoscopia ed oggi è il tempo della chirurgia robot-assistita, che permette un approccio di grande precisione e minima invasività, con azzeramento delle complicanze come l’incontinenza”.
Montanari sostiene fortemente il lavoro di gruppo, infatti, per i pazienti con tumore alla prostata lavora in squadra con i colleghi dell’Istituto Nazionale Tumori. E per i trapianti di rene, collabora coi nefrologi e i chirurghi del Policlinico per il prelievo dell’organo da donatore vivente in laparoscopia, molto meno invasivo dell'intervento tradizionale.
Il prof. è anche direttore della Scuola di Specialità, quindi è inevitabile chiedergli perché un giovane medico scelga di fare l'urologo. Il suo sguardo, elegante e serafico, non lascia spazio a dubbi: “Questo professionista ha diverse frecce al suo arco per la cura dei pazienti, dall’alta tecnologia alle novità della terapia medica come l’immunoterapia". L’interesse dei giovani c’è, “e quando ti accorgi di avere di fronte studenti speciali, che saranno bravissimi medici, hai la responsabilità di motivarli”. Idee chiare, posizioni decise ma raccontate con “parole tra noi leggere” come cita il famoso, libro della sua amica scrittrice Lalla Romano, conosciuta durante un ricovero al Policlinico. All’urologo amante anche delle lettere chiedo quindi qual è l’ultimo libro che ha letto: “Diagnosi e Destino, dell’amico Vittorio Lingiardi* - risponde - riporta i medici a pensare al lavoro fantastico che fanno; la loro è una visione del tempo molto particolare, perché vivono nel passato dell’anamnesi, nel presente della diagnosi, e nel futuro della prognosi, che continua a spostare i suoi limiti temporali e di conoscenza verso una linea che sembra infinita. Se tu, medico, sei capace di far vivere il tuo paziente in questa visione hai fatto moltissimo del tuo lavoro: gli hai creato una storia, un'attualità e gli dai una speranza per il futuro”. Lo ringrazio per la chiacchierata, e prima di salutarmi mi rivolge uno sguardo e il suo pensiero si fa emozione: “Il Cesarina Riva nel 2027 compirà 70 anni. Noi allora saremo in un nuovo Policlinico, ma questo Padiglione fondato dal prof. Luigi Pisani sarà sempre la sede dell’urologia milanese e vorrei celebrarlo con un congresso. Sa che Pisani ha avuto la cattedra quando sono nato io nel 1957?”. Potrebbero non essere solo coincidenze.
Tratto da Blister, il magazine del Policlinico per curare l'attesa
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