#COVID19. La fede al tempo del Coronavirus
— di Valentina Meschia
In un Ospedale oltre alle cure mediche, per molti ammalati è importante poter continuare a vivere la propria fede. Il Servizio Religioso del Policlinico di Milano, anche in questo periodo di emergenza Covid-19, è impegnato a rispondere alle necessità dei pazienti, dei familiari e del personale sanitario.
Don Giuseppe Scalvini, Rettore Vicario della parrocchia ospedaliera Santa Maria Annunciata, racconta un’altra faccia della vita nei reparti di un ospedale, dove sapere ascoltare può fare la differenza.
- In periodo No Covid, quali sono le attività quotidiane dei sacerdoti e delle suore del Policlinico di Milano?
Rispetto alle parrocchie che non vivono in un contesto ospedaliero accanto alla quotidiana celebrazione della S. Messa e dei Sacramenti, la nostra principale attività è dare supporto agli ammalati, ai loro cari, ma anche al personale sanitario e non. Alcuni pazienti chiedono di potersi confessare, altri di pregare insieme, altri di poter confidare a qualcuno i loro dubbi o le paure. Cerchiamo di “esserci” per confortare e anche per rispondere alle richieste concrete. Come? Portando biancheria e vestiti ai pazienti indigenti, dandoci da fare per aiutare a trovare un alloggio o intervenendo economicamente a sostegno di chi manca del necessario. Dall’ascolto emergono delle necessità e le parole devono sempre trasformarsi in qualcosa di operativo perché la carità deve sempre coniugare ascolto, preghiera e azione.
- Come l’emergenza Coronavirus ha cambiato l’assistenza religiosa in Ospedale?
Il presente ci interpella e ci provoca sempre. L’emergenza che tutti insieme stiamo vivendo ha sicuramente modificato la modalità della nostra presenza ma non la sua sostanza. È vero che dagli ammalati ora è più difficile andare, tuttavia con tutti gli accorgimenti previsti siamo riusciti a far visita a chi ne ha fatto richiesta e ad amministrare i Sacramenti la dove chiamati. Nel Personale sanitario c’è una grande sensibilità che, indipendentemente dall’essere o meno credente, coglie e risponde anche a queste esigenze da sempre percepite come parte integrante dell’assistenza ad una persona ammalata. In questi giorni ci stiamo organizzando per riprendere le normali attività nelle aree no-Covid. Le Messe continuano ad essere celebrate a porte chiuse, ma come già da due anni, possono essere seguite in streaming dal proprio smartphone o tablet scaricando gratuitamente l’app ‘Belltron Streaming’. È un servizio per consentire a tutti di partecipare alla Santa Messa direttamente dalla propria stanza di degenza, superando l’impossibilità di raggiungere la chiesa.
- Le cure e la medicina sono importanti. Ma come la fede può aiutare a superare questi momenti difficili?
Forse ci siamo troppo abituati a dire le preghiere e ci siamo un po’ disabituati a pregare! Il rischio è quello di pensare che “se non sai dire le preghiere non sai pregare”. Non è così. La preghiera è una dimensione che parte dal cuore… un movimento di desiderio verso Dio, d’implorazione, di aiuto, magari anche manifestato anche con rabbia. La preghiera ci mette davanti a Colui che ci illumina non per giudicarci ma per amarci, per aiutarci. Ritrovando noi stessi possiamo aprirci agli altri, condividere, con-soffrire ma anche con-gioire. Tutto questo disegna un cammino di fede che ci rende Comunità, nel rispetto del grande dono che è la diversità di ciascuno.
L’Arcivescovo ci ha dato prova in questi tempi della sua paternità. E’ chiaro che il Vescovo esercita la sua paternità su tutta la Diocesi che gli è affidata. Noi per il legame particolare che abbiamo con Lui l’abbiamo sentita in maniera molto concreta e molto bella. Una paternità che ci ha incoraggiato non solo con le parole ma anche con la presenza e con gesti concreti. Anche il Santo Padre, lanciandoci continuamente dei messaggi di un’estrema concretezza evangelica continua a farci guardare oltre ricordandoci che siamo tutti sulla stessa barca. Allora avanti tutta a remare insieme!