Anziani e politerapia: una dieta a base di medicine
— di Valentina Meschia
1 ottobre Giornata Internazionale delle persone anziane
L’assunzione quotidiana di più farmaci viene definita politerapia: a volte è necessaria, ma può capitare che venga prescritta in modo inappropriato. Secondo l’Agenzia Italiana del Farmaco in Italia, infatti, 6 pazienti ultra 65enni su 10 assumano più di 4 farmaci al giorno, e nel 10% dei casi si arriva addirittura a 10 o più. E spesso viene assunto quotidianamente almeno un farmaco non necessario.
Anziani sempre più sommersi dalle medicine. Ma serviranno tutte? Tiziano Lucchi, medico geriatra del Policlinico di Milano, risponde alla nostre domande.
Gli anziani sono dei grandi ‘consumatori di farmaci’, ma li assumono correttamente?
Purtroppo no. Infatti, secondo l’Osservatorio Nazionale sull’impiego dei Medicinali (AIFA 2020: rapporto OsMed 2019) la corretta assunzione del farmaco secondo i tempi e le modalità indicate dal medico, diminuisce al crescere dell’età. E questo è un problema poiché con l’aumentare dell’età aumenta anche il numero di farmaci assunti.
Perché con l’aumentare dell’età si osserva una minor compliance alla terapia?
I motivi sono diversi e in genere sono correlati allo stato di salute fisica e mentale dell’anziano. Per esempio anziani con problemi alla vista, difficoltà uditive o scarsa memoria, hanno maggior probabilità di sbagliare, a cui si aggiunge il problema dei cosiddetti farmaci LASA (dall’inglese Look Alike, Sound Alike) che portano ad errori di assunzione per somiglianza grafica della confezione o fonetica dei nomi.
Va ricordato però, che la ridotta compliance dell’anziano spesso rappresenta una risposta adattativa di difesa per evitare il malessere provocato involontariamente dal farmaco (Iatrogenic Drug Reaction). Il non riconoscimento di questa reazione può portare alla “prescrizione a cascata”: un farmaco provoca una reazione avversa che per errore è interpretata come un sintomo a sé e che viene quindi trattato con un altro farmaco, ma che a sua volta potrebbe causare un ulteriore effetto collaterale e portare ad un’altra prescrizione.
Gli anziani tollerano meno i farmaci poiché nel corso dell’invecchiamento cambia la loro composizione corporea, ad esempio aumenta la massa grassa e diminuisce quella magra. Questi cambiamenti modificano la farmacocinetica (assorbimento), la distribuzione, il metabolismo, l’eliminazione e la farmacodinamica (risposta dell’organo bersaglio) del farmaco.
Quali strategie per ridurre il rischio del danno iatrogenico?
Quando si inizia una nuova terapia vale la regola start low, go slow (poco alla volta): la dose del farmaco da somministrare all’anziano è circa la metà di quella consigliata per il giovane e va incrementata lentamente fino a raggiungere la dose minima efficace. Gli anziani hanno una probabilità di manifestare una reazione avversa al farmaco 2-3 volte superiore a quella dei giovani adulti: è fondamentale prima tutto valutare la reale necessità di una terapia a lungo termine. Infine, i valori di riferimento di pressione arteriosa, di colesterolo e di glicemia non possono esser gli stessi del giovane adulto e bisogna evitare di costringere forzatamente l’anziano entro questi parametri.
Come si potrebbe limitare la prescrizione di farmaci nell’anziano?
Per evitare la polifarmacoterapia, cioè l’assunzione di molteplici farmaci, è necessario stabilire una priorità di intervento. Infatti, non tutte le patologie richiedono necessariamente un terapia farmacologica ed è importante ricordare che la cura dell’anziano mira non a guarire le singole patologie, in genere croniche, ma a migliorare la qualità di vita del paziente preservandone l’autonomia. Quando è possibile privilegiare farmaci che agiscono contemporaneamente su più disturbi. Accanto a questo, non va mai dimenticato che la salute dell’anziano dipende non solo dalla condizione fisica ma anche dallo stato psico-affettivo e dal rapporto sociale.
Perché è difficile trovare la giusta terapia negli anziani?
Il paziente anziano raramente soffre di una singola patologia, in genere sono presenti contemporaneamente più problematiche, sia acute sia croniche, che sommandosi tra di loro generano la complessità clinica tipica del paziente geriatrico. Le sindromi geriatriche come ad esempio lo stato confusionale, le turbe dell’equilibrio, la caduta, l’immobilità, l’incontinenza sono manifestazioni di difficile interpretazione che possono dipendere dalla malattia, da un farmaco o da una situazione ambientale sfavorevole.
Cosa dovrebbe fare il medico in particolare durante la prima visita ad un anziano?
Il core dell’approccio geriatrico è senza dubbi la valutazione complessiva del paziente che tiene in considerazione sia gli aspetti biologici, sia quelli psicologici e sociali. Negli anziani si evidenzia una estrema eterogeneità, secondo il principio: più invecchi e più ti diversifichi. Un approccio personalizzato che tiene conto delle differenze e preferenze del paziente, è fondamentale poiché i dati mostrano come il coinvolgimento dell’anziano nel processo decisionale (shared decision making) possa contribuire all’aderenza e alla persistenza alla terapia a breve e a lungo termine.
L’Italia è un Paese di vecchi?
L’Italia, dopo il Giappone, è il paese più vecchio del Mondo. L’indice di vecchiaia è oggi pari a 173,1% (cioè ci sono 173 anziani ogni 100 giovani). Secondo l’ultimo rapporto ISTAT gli ultra 65 rappresentano attualmente il 22,3% della popolazione, pari a 13.253.820 soggetti e secondo le proiezioni statistiche costituiranno nel 2050 più di 1/3 della popolazione.