Covid-19, la mortalità in Terapia Intensiva aumenta se la nutrizione non è adeguata
— di Lino Grossano
Uno studio su 222 pazienti tra Policlinico San Matteo di Pavia e Policlinico di Milano, durante la prima ondata, ha dimostrato che un adeguato supporto nutrizionale nei primi quattro giorni di ricovero può ridurre il numero dei decessi
Un gruppo di clinici e ricercatori della Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo di Pavia e della Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore di Milano ha condotto uno studio sui pazienti affetti da Covid-19, ricoverati in terapia intensiva, con lo scopo di verificare la relazione tra l’apporto nutrizionale e l’outcome clinico, prendendo in considerazione anche fattori diversi, come, ad esempio, l’obesità.
Il lavoro, che rappresenta il primo di questo genere nei pazienti Covid-19 nella letteratura internazionale, è stato pubblicato sulla prestigiosa rivista di settore “Clinical Nutrition” e ha permesso di arrivare alla conclusione che un inadeguato apporto nutrizionale durante il ricovero in terapia intensiva è associato ad un maggiore tasso di mortalità per i pazienti affetti da Covid-19.
Lo studio è stato condotto nel corso della prima ondata del 2020 ed ha coinvolto 222 pazienti affetti da COVID-19 ricoverati nelle terapie intensive dei due Policlinici, tutti in assistenza respiratoria. I ricercatori hanno osservato che chi ha potuto ricevere entro i primi quattro giorni di ricovero un supporto nutrizionale, principalmente per via enterale, adeguato ai fabbisogni calorici stimati, ha evidenziato una minore mortalità.
I risultati hanno, inoltre, confermato che l’obesità moderata è associata ad un più alto rischio di mortalità, mentre quella grave sembra comportare anche un significativo ritardo nello svezzamento dalla ventilazione artificiale invasiva.
Lo scopo dell’analisi era, pertanto, quello di valutare se un supporto nutrizionale insufficiente, nel caso di pazienti affetti da COVID-19 sottoposti a ventilazione meccanica invasiva, fosse associato ad una maggiore mortalità. I risultati dello studio hanno confermato la prognosi negativa legata sia all’obesità che al deficit calorico precoce: entrambi sono associati ad una più alta mortalità nella popolazione di pazienti considerata.
Pertanto, adottare una terapia nutrizionale ad hoc per i pazienti affetti da COVID-19 sottoposti a ventilazione meccanica invasiva, il più possibile in linea con le raccomandazioni delle società scientifiche internazionali, risulta essere un elemento di fondamentale importanza per la riduzione della mortalità e il miglioramento dei risultati clinici.
"Siamo estremamente soddisfatti dei risultati ottenuti grazie alla collaborazione instaurata con i colleghi del Policlinico di Milano – spiega Riccardo Caccialanza, direttore UOC Nutrizione Clinica della Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo di Pavia -. Garantire un adeguato supporto nutrizionale ai pazienti in terapia intensiva è, ancor oggi, spesso problematico a causa della severità delle condizioni cliniche e metaboliche dei pazienti ricoverati, a maggior ragione in una patologia complessa come il Covid-19. Le modalità e le tempistiche ideali di somministrazione dei nutrienti sono ancora oggetto di dibattito scientifico, ma i nostri risultati sottolineano comunque che è di fondamentale importanza cercare di soddisfare al meglio i fabbisogni nutrizionali nel più breve tempo possibile in tutti i pazienti, compresi quelli obesi. Auspico che la nostra collaborazione prosegua in futuro, per valutare l’efficacia di protocolli nutrizionali innovativi e finalizzati a migliorare sempre più la qualità delle cure”.
“Siamo orgogliosi di aver partecipato a questo studio – conclude Giacomo Grasselli, responsabile della Rianimazione e Terapia Intensiva Adulti della Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore di Milano – che aggiunge un tassello importante alle nostre conoscenze sul trattamento dei pazienti con Covid-19. La nostra ricerca conferma che l’attenzione all’apporto nutrizionale è di fondamentale importanza nella gestione di tutti i pazienti critici. Per questo bisogna favorire il più possibile la collaborazione tra intensivisti e specialisti di nutrizione clinica, nell’ottica di una gestione multidisciplinare e condivisa dei pazienti ricoverati in Terapia Intensiva”.