Epatite C patologia spesso silenziosa. Coi nuovi antivirali al Policlinico di Milano guariti più di 2.700 pazienti
— di Valentina Meschia con la consulenza scientifica di Roberta D'Ambrosio, gastroenterologo
In Italia si stima che ci siano tra 600mila e 1,2 milioni persone con l'epatite C, e molte di esse non sanno di averla. Fino a pochi anni fa era una malattia difficilmente curabile, e negli stadi più avanzati poteva portare anche a patologie gravi come la cirrosi epatica o il tumore del fegato. Grazie alla ricerca, dalla fine del 2014, sono disponibili farmaci che hanno cambiato la storia di questa infezione che colpisce il fegato.
Dal 2015 al 2022 sono migliaia i pazienti guariti definitivamente da questa epatite: più di 2.700 solo all'Unità di Gastroenterologia ed Epatologia del Policlinico di Milano, il Centro che ha curato più malati in Italia e in Europa. Una vera rivoluzione. I progressi nella cura dell'epatite C, insieme ai programmi di screening per la diagnosi precoce, contribuiranno a raggiungere, entro il 2030, l’obiettivo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità di eliminare questa infezione su scala globale. Un traguardo che una volta sembrava impensabile, ora può diventare possibile grazie alla ricerca.
Per saperne di più su questa patologia abbiamo incontrato Roberta D’Ambrosio, medico gastroenterologo della Gastroenterologia ed Epatologia del Policlinico di Milano.
Come viene diagnostica l’epatite C?
La diagnosi è piuttosto semplice, basta un esame del sangue, e si basa sulla ricerca degli anticorpi specifici contro il virus (anti-HCV). Se risulta positivo, la conferma di infezione viene fatta attraverso il test HCV-RNA, ossia la ricerca del virus stesso. Al Policlinico di Milano, tutti i soggetti con infezione HCV certa vengono seguiti al Centro di riferimento Migliavacca, dove viene prescritto il trattamento antivirale in grado di eliminare in maniera definitiva l’infezione.
Come si contrae il virus dell’epatite C?
L’infezione da virus dell’epatite C (HCV) si trasmette per via parenterale, cioè attraverso contatto con sangue infetto. La scoperta di HCV è avvenuta nel 1989, pertanto le trasfusioni di sangue ed emoderivati e tutte le procedure mediche e odontoiatriche eseguite prima degli anni '90 sono state potenziali fattori di rischio di questa infezione. A questi vanno aggiunti altri fattori come la tossicodipendenza e l’esecuzione di tatuaggi, piercing e cure estetiche in ambienti non sterili. Mentre la trasmissione per via sessuale di questo virus è piuttosto inefficace, tanto che l’Organizzazione Mondiale della Sanità non raccomanda di utilizzare mezzi di barriera in caso di rapporti sessuali con un partner fisso.
Quali effetti ha l’infezione da HCV sulla salute?
Fino a qualche anno fa, l’infezione da HCV era la principale causa di cirrosi e trapianto di fegato, in Italia e nel mondo. Si tratta di un’infezione per lo più silente, che rischia di essere diagnosticata al momento della comparsa dei primi sintomi legati alla cirrosi. Negli anni passati se ne parlava poco, e non c’era una adeguata attenzione alle campagne di screening.
Abbiamo detto che fino a qualche anno fa l’epatite C era la principale causa di cirrosi e trapianto di fegato. Oggi quindi non è più così?
Esatto. Alla fine del 2014 in Italia sono stati approvati i primi farmaci ad azione antivirale diretta (DAA; Direct-Acting Antivirals). Essi permettono un tasso di guarigione superiore al 98% (in alcuni casi al 99%) e consentono di eliminare il virus in sole 8-12 settimane senza effetti collaterali significativi. Per la prima volta era possibile somministrare terapie orali, efficaci, e ben tollerate. Fino ad allora, infatti, l’unico farmaco a disposizione era l’interferone, caratterizzato da bassa efficacia e molti effetti collaterali, veniva somministrato per via sottocutanea fino a una durata massima di un anno e mezzo; richiedeva controlli frequenti ed era controindicato nei pazienti più gravi. Molti pazienti, spesso a rinunciavano il follow-up specialistico, per paura che venisse loro proposto tale trattamento. Lo sviluppo di farmaci nuovi, orali, ad azione antivirale diretta ha profondamente modificato questo scenario.
Quanti pazienti sono stati curati in Policlinico?
Dal 2015 a oggi, al Centro Migliavacca del Policlinico di Milano sono stati trattati oltre 2.700 pazienti, di cui circa 1.000 cirrotici. Sono numeri che ci rendono orgogliosi: siamo il primo Centro in Italia per numero di trattamenti, e probabilmente anche il primo in Europa. Grazie a questi nuovi farmaci abbiamo potuto trattare tutti i pazienti con infezione HCV in cura nel nostro Centro, anche chi presentava una malattia avanzata e cirrosi scompensata, o era in lista per trapianto di fegato.
Come l'ampia casisitica del nostro Centro ha aiutato la ricerca?
Grazie all’importante casistica seguita al Centro fin da prima della scoperta del virus HCV (1989), sono stati condotti numerosi studi che hanno permesso di comprendere meglio la storia naturale dell’infezione, e in particolare della cirrosi. Per primi abbiamo riportato l’associazione tra cirrosi da HCV e sviluppo di epatocarcinoma (HCC), e, più recentemente, abbiamo dimostrato che la cirrosi può regredire a seguito dell’eliminazione del virus. Abbiamo contribuito a scrivere le linee guida europee e italiane di trattamento anti-HCV, abbiamo fornito evidenze utili alla personalizzazione dei trattamenti con interferone, e validato in pratica clinica l’efficacia e la sicurezza dei più nuovi farmaci orali. Per primi, poi, abbiamo dimostrato che i DAA sono sicuri anche nei trapiantati di organo solido, tra cui polmone e rene. Infine, abbiamo una delle maggiori casistiche al mondo di pazienti affetti da emoglobinopatie e guariti da HCV con le terapie anti-HCV, che hanno migliorato la storia naturale anche di queste patologie.
Infine, come ‘smascherare’ questa infezione troppo spesso silente?
Attraverso attività di screening. In Regione Lombardia, da giugno 2022 è stato attivato un programma di screening che coinvolge tutte le persone nate tra il 1969 e il 1989 afferenti ai centri Prelievi e ai reparti di degenza. Questo piano di screening segue le indicazioni del Ministero della Salute, è attivo sulla maggior parte del territorio italiano e punta a fronteggiare il problema dell’identificazione del sommerso, tutte quelle persone ignare di avere il virus ma responsabili della circolazione dell’HCV. Rappresenta un’opportunità per la diagnosi precoce di una malattia che spesso può rimanere silenziosa per anni. Obiettivo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità per il 2030 è l’eliminazione di HCV su scala globale. Per raggiungerlo dobbiamo mettere insieme le forze: noi Specialisti, i medici sul territorio e gli organi di informazione.
DOVE
Centro Prelievi Padiglione Ponti (via F. Sforza 33 - Milano)
Lunedì - Venerdì dalle 7.30 alle 11Il test è gratuito e viene eseguito SOLO contestualmente ad altri esami del sangue.
Si ricorda che l'accesso al Centro Prelievi è su prenotazione chiamando il numero verde 800 63.86.38 o lo 02 99.95.99 da cellulare
>> Lo screening non è prenotabile ma verrà inserito dal personale durante l'accettazione per i nati tra il '69 e l'89 che aderiscono volontariamente alla campagna. Non potranno eseguire il test persone che stanno assumenendo farmaci contro l'epatite C. In caso di positività al test sarà necessario sottoporsi ad ulteriori esami di conferma. Questo screening rappresenta un’opportunità per la diagnosi precoce di una malattia che spesso può rimanere silenziosa per anni. Se non curata, questa patologia può provocare seri danni al fegato, tra cui il tumore e la cirrosi epatica. Da alcuni anni sono disponibili dei farmaci orali che permettono di curare l'epatite in modo semplice, efficace e con pochi effetti collaterali.
BOX DI APPROFONDIMENTO
È vero che si tratta di farmaci molto costosi?
Il prezzo dei farmaci era molto alto al momento dell’arrivo sul mercato. La loro prescrivibilità era regolamentata da norme ministeriali piuttosto rigide. Fino a circa la metà del 2017 i DAA erano prescrivibili solo nei pazienti più gravi: cirrotici, pre-cirrotici, pazienti trapiantati o in lista trapianto, e altre poche eccezioni.
La strategia che è stata utilizzata, però, è stata piuttosto efficace: il prezzo dei farmaci si è progressivamente ridotto all’aumentare del numero di trattamenti prescritti in tutta Italia. Questa strategia commerciale, tutta “italiana”, è stata copiata anche in altre aree del mondo, ed è stata vincente. Trattare velocemente i pazienti più gravi non solo rispondeva a un criterio di “urgenza”, etico e piuttosto logico, ma permetteva di accelerare il momento dell’acceso alle cure per chi era ancora in attesa di terapia.
I pazienti meno gravi che a quei tempi erano in attesa di trattamento hanno comunque beneficiato del counseling proposto dal Policlinico di Milano, proseguendo i controlli al Centro. Alcuni tra i più impazienti hanno deciso di comprarsi il farmaco: qualcuno tramite le Assicurazioni private, qualcuno sfruttando il business del turismo sanitario: viaggi più o meno economici comprensivi di visita specialistica e acquisto farmaco in Paesi extra-Europei nei quali i DAA erano venduti a prezzo basso per l’assenza di brevetti.
Per concludere, ad oggi i 3 tipi di regimi antivirali disponibili costano poco, molto meno di alcuni farmaci il cui utilizzo è in netta espansione, come ad esempio alcuni farmaci biologici o le immunoterapie.
28 luglio Giornata Mondiale contro l'epatite