Disturbi dell’umore: quando l’ansia porta a depressione
— di storie di Valentina Meschia, con il contributo degli specialisti in ansia e disturbi dell'umore
La storia di mamma Carla, impiegata del mese
Carla ha da poco compiuto 46 anni. Niente nella sua vita sembra essere cambiato eppure quello che la rendeva felice fino a qualche settimana prima, ora le è quasi indifferente. È sempre stata ottimista e solare, non ha mai avuto problemi di umore nella sua vita, anzi, è sempre stata una buona spalla per amici, colleghi e vicini di casa. Saper ascoltare e trovare il lato positivo nelle cose sembrava la sua missione. Ma una mattina Carla iniziò a sentirsi diversa, era stanca e affaticata, anche se non aveva fatto nulla di diverso. Non se ne preoccupò più di tanto, anzi ci scherzava su attribuendolo al passare degli anni e al fatto di non essere molto sportiva. Trascorsero un paio di settimane, ma nonostante qualche giorno di ferie, la stanchezza non passava e lei che aveva sempre dormito per 8 ore di fila, ora tutte le notti alle 3 si trovava a fissare il muro, presa da una sensazione di ansia e di angoscia, con mille pensieri e paure inspiegabili che le turbavano il sonno. Eppure NON c’era motivo di essere agitati o preoccupati, si ripeteva: al lavoro andava alla grande, aveva pure ottenuto la promozione tanto attesa; i suoi 2 bambini ormai erano abbastanza grandicelli da fare tutto da soli; suo marito era sempre presente e l’aiutava con le faccende di casa; e i suoi genitori, anche se anziani, tutto sommato stavamo bene. Ma nonostante questo non riusciva ad essere felice, anzi. Tutto era diventato un PESO, un motivo di ansia e sopraffazione: cucinare, stare dietro alla casa, andare con suoi bambini a fare compere, uscire con le amiche, comprare le medicine ai suoi genitori, partecipare agli incontri online... Anche stare a casa qualche giorno non l’aveva aiutata. Era sempre peggio, un INCUBO da cui uscire sembrava impossibile: la sua vita era sempre la stessa, ma era LEI che non riusciva più ad affrontarla come un tempo. Trovava un po’ di pace solo quando andava a dormire, prima di svegliarsi nel cuore della notte.
I giorni passavano e per Carla ogni cosa ormai era difficile da gestire e affrontare, e le sembrava di non poter più fare nulla: si sentiva schiacciata dalla vita e col passare del tempo si convinceva sempre più che nessuno la capisse e le volesse bene, ‘le mie amiche non mi vogliono e anche mio marito è distante’. Iniziò a dimenticare le cose ed a sentirsi sempre più inutile, fino a pensare che non valesse più la pena vivere: ‘sarebbe meglio per tutti se mi addormentassi per non essere d’intralcio a nessuno e poter finalmente riposare’.
Anche se Carla non riusciva a vederlo, suo marito e le sue amiche più care, si erano accorte di lei e della sua difficoltà ad affrontare la vita. Così un giovedì pomeriggio, davanti a un bella tazza di tè, riuscirono a farle capire che quella che lei chiamava ‘stanchezza’, era in realtà depressione e per tornare a sorridere aveva bisogno di aiuto. Fu il primo passo verso la felicità di un tempo.
La storia di Sofia, studentessa con tanti sogni nel cassetto
Solo qualche mese prima era intenta a pianificare il suo semestre di studi all’estero, in un college in Canada, ma da qualche settimana a Sofia non interessava più niente. Eppure a 18 anni si dovrebbe spaccare il mondo, ma una stanchezza improvvisa la bloccava. Non voleva più andare a scuola, non perché non ne avesse voglia, ma perché si sentiva senza forze e nulla sembrava interessarle. L’interrogazione di latino che aspettava tanto, il progetto di volontariato che con tanta fatica aveva portato avanti negli anni, lo shopping con le amiche: NIENTE, tutto per lei non aveva più senso, ogni cosa era solo un peso e non voleva stare con nessuno, neanche con sua sorella la sua confidente numero uno, e tanto meno con i suoi genitori. Voleva solo scappare da tutto e da tutti, ma allo stesso tempo non voleva nulla.
Eppure DOVEVA essere felice. Aveva passato un’estate tra mare, montagna e città d’arte, i suoi genitori erano benestanti e l’accontentavano in tutto. Ma da un po' di tempo, non sapeva esattamente quando, sentiva che ogni cosa le causava ansia e fatica, che la scuola le faceva schifo e che nonostante andasse a dormire sempre prima era stanca, e con il passare delle settimane era sempre PEGGIO: si svegliava alle 3 con tanti pensieri per la testa sempre più convinta che a nessuno interessasse di lei, neanche ai suoi genitori che avevano attenzioni solo per le sue sorelle.
Capitò così che una mattina Sofia, mentre faticava ad alzarsi, provò un senso di oppressione e sopraffazione così forte da convincersi che l’unica soluzione era farla finita. Prese dal bagno una lametta da barba e l’appoggiò sul suo polso destro. Ma qualcuno bussò alla porta, giusto in tempo. Era sua mamma che aveva dimenticato l’orologio sul mobiletto in fianco al lavandino. Sofia le si buttò al collo e iniziò a piangere. Un abbraccio lungo un’eternità seguito da una telefonata in cui la mamma avvisava al lavoro che si sarebbe presa una settimana di ferie per stare con la sua bambina.
Le ore seguenti Sofia le passò in Ospedale: la ferita sul suo polso non era profonda, ma quella dentro di lei sì. Con il suo gesto, inconsciamente, aveva chiesto aiuto, le sue emozioni si erano trasformate in un gesto. Grazie alla sua mamma, Sofia ora era pronta ad intraprendere un viaggio inaspettato, che l’avrebbe riportata a riprendere in mano i suoi sogni da mesi chiusi in un cassetto.