I calcoli renali: i trattamenti all'avanguardia per trattarli senza dolore
— di Valentina Meschia
La formazione di calcoli renali (calcolosi o urolitiasi) è una delle più diffuse e antiche malattie che colpiscono le vie urinarie.
Se di piccole dimensioni, i calcoli renali possono essere eliminati con l’urina senza che ce ne si accorga. Se aumentano di diametro il loro passaggio dal rene alle vie urinarie non passa invece inosservato, poiché provoca un dolore acuto nella zona lombare, caratteristico proprio della calcolosi, chiamato colica renale*. Non sempre però vengono espulsi, soprattutto se di grandi dimensioni, e in questo caso la medicina viene in aiuto con trattamenti indolori ed interventi senza tagli.
Ma cosa sono i calcoli? Come prevenirli? E come curarli? Ne abbiamo parlato con Elisa De Lorenzis, specialista del team dell’Urologia del Policlinico di Milano, diretta da Emanuele Montanari.
Cosa sono i calcoli renali?
I calcoli renali sono dei sassolini che si spostano dai reni negli ureteri, i tubicini che collegano il rene alla vescica. Sono composti dai sali minerali che si trovano normalmente all’interno delle urine: se questi sali precipitano, ha inizio la formazione dei calcoli all’interno delle vie urinarie, che col tempo possono ingrandirsi e formare degli agglomerati anche di alcuni centimetri.
Cosa porta i sali minerali a precipitare?
L’urina è costituita per il 95% da acqua nella quale sono dispersi sali minerali, scorie e urea (prodotto finale dal metabolismo delle proteine). Tra le diverse sostanze contenute nelle urine fondamentale è la presenza dei citrati, sostanze organiche in grado di contrastare la formazione di cristalli e quindi di agglomerati sempre più grandi. La formazione di calcoli si basa sullo stesso processo chimico che porta alla precipitazione di una bustina di zucchero in una tazzina di caffè ristretto: se una sostanza è più concentrata, cioè è in quantità maggiore rispetto al potere dissolvente del liquido, si ha sovra-saturazione, e rischia di precipitare e formare cristalli che fondendosi tra loro portano al calcolo, dal latino calculus (sassolino).
I calcoli sono tutti uguali?
No, vengono classificati in base alla causa che ha portato alla loro formazione e in base alle sostanze che li compongono. In linea generale, possiamo dire che esistono 4 famiglie di calcoli:
- da infezione, composti da struvite, carbonato apatite, ammonio urato;
- non da infezione (i più comuni) formati da ossalato di calcio, fosfato, acido urico;
- da cause genetiche, costituiti da cistina o xantina
- da farmaci
Quali sono le cause?
Le cause sono molteplici, possono dipendere da una predisposizione genetica o anatomica, dalla presenza di infezioni, dall’assunzione di alcuni farmaci o da fattori dietetici e climatici. Possiamo dire però che esistono fattori predisponenti facilmente modificabili come: un apporto giornaliero di liquidi inadeguato, è infatti sempre importante bere almeno 1.5 di acqua al giorno; o una dieta troppo ricca di proteine e con poca frutta e verdura. Infine, esistono delle patologie che possono favorire la formazione dei calcoli, ne sono esempi la sindrome metabolica (caratterizzata da una grossa circonferenza della vita, pressione alta, disturbi della glicemia e dislipidemia), l’iperparatiroidismo e alcune malattie gastrointestinali.
Come si manifestano?
Se di piccole dimensioni e localizzati nella vescica, i calcoli possono essere espulsi con la minzione senza che la persona se ne accorga. Il dolore insorge quando il calcolo ostruisce il passaggio dell’urina nell’uretere. La sensazione viene spesso descritta come una coltellata a livello lombare. I calcoli non sono sempre sferiformi ma possono avere una superficie irregolare e spiculata (cioè che presenta punte): muovendosi possono anche causare dei modesti sanguinamenti, visibili in genere nelle urine. Se i calcoli si incuneano nell’uretere e non riescono a essere espulsi possono causare una ostruzione totale o parziale del deflusso dell’urina nel rene interessato. Questo causa un aumento della pressione all’interno delle cavità renali con conseguente dolore. Questa situazione viene definita colica renale ed è caratterizzata da un dolore forte e improvviso, causato dalla distensione della via urinaria e della capsula renale. Il dolore coinvolge la zona lombare e la parte medio-bassa dell'addome e può irradiarsi verso l’inguine, può essere accompagnato da nausea, vomito, sudorazione, malessere generale e disturbi alla minzione. La colica, quindi, è il segnale che un calcolo si è mosso all’interno della via urinaria e che l’uretere sta contraendosi nel tentativo di farlo uscire.
Come si diagnosticano?
Le indagini che si eseguono comprendono esame urinari, ematici e radiologici. Con l’esame dell’urina si possono evidenziare cristalli nel sedimento (precursori di calcoli o “renella”), eventuali tracce di sangue e/o segni di infezione e la presenza di urine concentrate. Con gli esami del sangue si può esaminare la funzionalità renale con la creatinina: se elevata significa che vi è una insufficienza renale che va indagata; si possono inoltre valutare segni di infezione come un rialzo del globuli bianchi. Poi si ricorre ad un’ecografia dell’apparato urinario che permette di evidenziare la dilatazione del rene in caso di ostruzione (idroureteronefrosi), dimensione, numero e sede del calcolo (soprattutto se localizzato nel rene o verso la vescica). L’ecografia è il primo esame radiologico a cui si ricorre per avere un quadro della situazione senza sottoporre il paziente alle radiazioni. Dopo visita specialistica dall’urologo e valutando la storia clinica del paziente, si può poi procedere con una TAC, eventualmente con liquido di contrasto, per evidenziare anche eventuali calcoli nell’uretere, spesso non visibili all’ecografia. Questo esame, inoltre, consente di classificare il tipo di calcolo e di capirne la durezza. Infine, lo specialista valuterà se ricorrere ad altri esami come la scintigrafia per indagare la funzionalità renale.
Come si curano?
Se i calcoli hanno una dimensione uguale o inferiore a 5 mm e sono localizzati nell’uretere, la possibilità che vengano eliminati da soli è molto elevata, e viene in genere prescritta una terapia antinfiammatoria non steroidea per ridurre il dolore e l’infiammazione, facilitando così l’espulsione spontanea. Possono inoltre essere impiegati anche farmaci alfa-litici per rilassare la muscolatura dell’uretere.
Se i calcoli non vengono espulsi entro circa un mese, o sono voluminosi (>10 mm), è possibile utilizzare la tecnica del “bombardamento” esterno (ESWL), che sfrutta l’effetto meccanico delle onde d’urto o eseguire una ureteroscopia con litotrissia. Con l’aiuto dell’ecografia o dei raggi X, lo specialista indirizza le onde sul calcolo per frantumarlo riducendo al minimo il trauma sui tessuti circostanti. Si tratta di un trattamento non invasivo, in Day Hospital, della durata di circa un’ora. Non è necessaria l’anestesia e, a seconda della grandezza dei calcoli, possono essere necessarie una o più sedute. L’ESWL, tuttavia, può frantumare i calcoli solo in modo parziale, con il rischio di recidiva. Inoltre, se si tratta di calcoli molto duri, le onde d’urto possono non essere efficaci. In quest’ultimo caso, o quando l’ESWL non è possibile, si ricorre a tecniche endoscopiche, ossia passando attraverso le vie naturali, senza tagli. Si tratta di un trattamento che si esegue in anestesia totale o spinale tramite l’ureterorenoscopio, uno strumento di piccolo calibro con una telecamera sulla punta che permette di risalire lungo l’uretere e il rene passando attraverso l’uretra e la vescica, permettendo di identificare il calcolo. Esso viene poi frammentato mediante fibre laser, i frammenti vengono poi estratti con un cestello o espulsi con la minzione.
Per i calcoli superiori a 20 mm che si trovano nelle cavità renali, si effettua la nefrolitotomia percutanea (PCNL): in anestesia generale, dopo aver praticato un piccolo foro attraverso la cute sul fianco, lo specialista introduce il nefroscopio e una sonda a ultrasuoni o una fibra laser in grado di frantumare i calcoli, che verranno poi aspirati o rimossi con una pinza.
Una volta rimosso il calcolo o i suoi frammenti, viene eseguita un’analisi chimico-fisica per determinarne la composizione e prescrivere l’eventuale percorso di cura per prevenire la formazione di nuovi calcoli.
Calcoli: si possono prevenire?
Sì. Come per quasi tutte le patologie esistono degli accorgimenti per evitare la loro formazione. E sono:
- bere almeno 1.5 litri di acqua al giorno e in caso di recidive aumentare a 2,5-3 litri al giorno. È importante bere regolarmente nel corso della giornata distribuendo l’assunzione dei liquidi, così da aumentare la diuresi (tramite valutazione del peso specifico nell’esame dell’urine è possibile vedere se si beve abbastanza: il valore dovrebbe essere minore di 1010);
- seguire una dieta bilanciata, ricca di fibre e vegetali, limitando invece, l’assunzione di proteine di origine animale e di sale (circa 4-5 g al giorno di NaCl). È sbagliato eliminare il calcio il cui apporto dovrebbe essere di circa 1-1.2 grammi al giorno;
- anche lo stile di vita riveste un ruolo nella prevenzione dell’urolitiasi: un’adeguata attività fisica e il mantenimento di un peso ottimale evitando sovrappeso/obesità sono utili nel prevenire la calcolosi, soprattutto da acido urico.