Respira, respira, spingi. Intervista all'ostetrica
— di Valentina Meschia
Ci siamo passati tutti, ma proprio tutti: perché la vita inizia da lì, quando con un vagito urliamo al mondo 'Ci sono anch’io'. Inizialmente influenzata da riti magici e credenze popolari, l’arte dell’ostetrica, oggi, si divide tra formazione continua ed esperienza sul campo.
Fin dalla notte dei tempi la donna ha sempre avuto bisogno di un aiuto per mettere al mondo il suo bambino. Le ostetriche di un tempo erano le levatrici o mammane, donne mature con tanta esperienza pratica, ma teoria zero. Poi nel 1700 nascono le prime Scuole di Ostetricia per fornire una preparazione adeguata. Far nascere i bambini non è un lavoro solo da donne, possono farlo tutti, ma ancora oggi la presenza maschile è in netta minoranza.
NASCITA = OSTETRICA. L’arrivo di un bebè porta con sé un intruglio di emozioni diverse e contrastanti: gioia e dolore, ansia e curiosità, lacrime e sorrisi. E una volta preso in braccio il loro piccolo fagottino, per mamma e papà inizia una nuova vita. E per l’ostetrica, far nascere i bambini è come andare in bicicletta? Non ci resta che chiederlo proprio a una di loro: ecco la nostra chiacchierata con Samanta Pedonesi, mamma di 3 bambini, coordinatrice dei corsi pre-parto online ed ostetrica da oltre 20 anni alla Clinica Mangiagalli del Policlinico di Milano.
Cosa ti ha portato a diventare ostetrica?
La vicinanza all’ambiente sanitario e la dedizione agli altri c’è sempre stata. Ero volontaria in ambulanza fin dai 17 anni ed essendo minorenne hanno dovuto firmare i miei genitori: è vero, non erano molto felici di mandarmi in giro di notte sulle ambulanze, ma mi hanno sempre appoggiata nelle mie scelte. Poi, dopo un ricovero urgente per un problema ginecologico, ho iniziato a pensare che fare l’ostetrica era un lavoro stupendo che mi avrebbe permesso di aiutare ed accompagnare le mamme, toccando la vita ogni giorno.
Com'è cambiato il parto in questi tuoi 20 anni di attività?
Il parto è sempre quello, anche se sono cambiate le modalità di assistenza: prima c’era meno richiesta di analgesia pertanto la donna andava seguita nel suo dolore; oggi le donne sono molto più consapevoli e informate, anche se forse non sempre dai canali corretti, ed è aumentata l’età del primo figlio. Abbiamo mamme da tutto il mondo, ma grazie ai mediatori culturali cerchiamo sempre di superare le barriere linguistiche, per un parto sereno e in sicurezza.
Ma i parti per te sono tutti uguali?
Ogni parto è diverso, ogni donna è a sé ed ogni coppia è unica. Mi emoziono ancora ed è bello aiutare una donna a diventare mamma. Le donne vanno ascoltate, capite, comprese e questo non sempre è facile. Abbiamo giornate difficili, come tutti; ma quando stringo un bebè tra le braccia, vedo la vita, posso condividere la gioia di mamma e papà, torno a casa con il sorriso e sono pronta per un’altra giornata. E mio marito mi dice sempre: “Non cambierai mai, ami troppo il tuo lavoro”.
Sei mamma di 3 bambini, tutti maschi. Com'è la tua vita da mamma-ostetrica?
E' sicuramente più consapevole, ma solo ora! C’è stata una notevole evoluzione tra le 3 nascite: nella prima ero solo ostetrica e non mamma, nella seconda forse né una né l’altra, mentre nella terza solo mamma. La prima è stata una gravidanza arrivata troppo presto, ed avere sempre nausea e vomito mi ha disturbata molto perché mi distoglieva dal mio lavoro che amavo e volevo andare avanti a fare. Ricordo che una collega mi disse “E' il periodo più bello della tua vita: goditelo”, ma io avevo pensato: “Ma che vita ha avuto lei, per dire ciò?”. La seconda gravidanza l’ho trascurata, e infatti ho avuto un po’ di problemi: mi dividevo tra lavoro e bimbo piccolo, e quello in pancia era un dettaglio. Poi, mentre cercavo la terza gravidanza, ho perso due bimbi e questo mi ha cambiata: e ho capito che questa volta dovevo essere solo una mamma.
E i papà, cosa dire di loro?
I papà sono una storia a parte. Ce n’è di tutti i tipi. Alcuni sono eccessivamente presenti, sembra quasi debbano partorire loro, altri si sentono delle 'vittime'. Io sdrammatizzo sempre durante i corsi pre-parto, dicendo alle donne: "E' vero che vi devono capire e sostenere, perché se dovessero partorire gli uomini saremmo ancora ad Adamo ed Eva, ma poverini, pensate a come vivono la vostra gravidanza. Prima vi disperate perché non rimanete incinte, poi perché lo siete rimaste troppo presto. Poi avete la nausea, poi ingrassate, poi magari vi mettono a riposo forzato, poi il diabete gestazionale, la dieta e dulcis in fundo: la depressione post parto (che nella maggior parte dei casi non lo è). Piangete e non sapete il perché, ma lui vi deve capire: in sostanza un martire".
Un tempo i papà vivevano la gravidanza e il parto dal di fuori. E anche il primo approccio col bimbo era differente: il neonato all’inizio era solo della mamma. Ora invece i papà, in genere, sono molto presenti ed attivi, prendendosi il loro spazio con il bebè e aiutando la mamma. Mi fa sempre una certa tenerezza vedere i neo papà in giro, da soli, con i loro bimbi nel marsupio.
Infine, quanto sono importanti gli esercizi di respirazione?
Il miglior modo di respirare lo si trova entrando in empatia con l’ostetrica e seguendo i suoi consigli al momento del parto. Non è semplice: bisogna riuscire a rilassarsi. Racconto sempre come esempio la mia prima lezione di yoga: sono arrivata tutta trafelata, ma volevo assolutamente farla. L’insegnante ha spiegato l’esercizio ed era fondamentale rilassarsi ed estraniarsi da tutto. Ha chiesto se avessimo domande e io subito chiesi: “A che ora finiamo, che devo scappare a prendere mio figlio?”. Mi ha guardata, dicendomi che forse avrei dovuto provare in un altro momento. Ecco, lo stesso vale per le donne e gli esercizi di respirazione in gravidanza: bisogna trovare il proprio equilibrio. Come con i figli, del resto.
Un giorno un papà entra in sala parto con cavalletto e cinepresa, e tutto agitato mi chiede: “Questo dove è meglio posizionarlo?”. Ero allibita. Voleva fare un filmino: ma per farlo vedere a chi?