I problemi che possono mettere a rischio una gravidanza: quali sono, e come si possono trattare
— Matteo Rimoldi, con la consulenza scientifica di Paolo Vercellini direttore Ginecologia
A volte si pensa che nessuno possa conoscere la propria sfera intima meglio di sé stesse. Eppure, affidarsi a un esperto e sottoporsi a controlli più dettagliati può rivelarsi fondamentale, soprattutto se si è in cerca di una gravidanza. Diagnosticare per tempo le più frequenti patologie ginecologiche è molto importante: tra le più note troviamo le malformazioni mulleriane, i miomi o l’incontinenza cervico-segmentaria.
Per capire meglio in cosa consistono queste malattie e come trattarle abbiamo parlato con Paolo Vercellini, direttore della Ginecologia alla Clinica Mangiagalli del Policlinico di Milano.
Che cosa sono le malformazioni mulleriane? Da che cosa dipendono?
Due formazioni tubulari, chiamate dotti di Muller, formano l’utero durante lo sviluppo dell’embrione. A volte capita che questi canali non si formino da uno o entrambi i lati, oppure che non si formi una cavità al loro interno, o ancora che non si uniscano al centro della pelvi o che lo facciano in modo irregolare. Si parla in questo caso di malformazioni mulleriane: queste possono essere causate da diversi potenziali fattori, inclusa la predisposizione genetica.
Queste anomalie non causano necessariamente sintomi evidenti e spesso non sono facili da identificare, per questo possono rimanere a lungo non diagnosticate. E’ importante effettuare comunque controlli e non sottovalutare queste malformazioni, specialmente in caso di infertilità o di aborti ripetuti.
In che cosa consiste l’incontinenza cervico-segmentaria? Quante donne ne soffrono?
L’incontinenza cervico-segmentaria, chiamata anche insufficienza cervicale, è una condizione in cui la parte inferiore del corpo uterino e il collo dell’utero non riescono a reggere il peso della gravidanza fino al termine, e ciò può provocare un aborto o un parto prematuro. L’assenza di cause precise può rendere complicata la diagnosi e la prevenzione di questa patologia. Infatti, l’insufficienza cervicale può rimanere silente fino all’aborto, che generalmente avviene nel secondo trimestre di gravidanza. E’ difficile stabilire con precisione la frequenza con cui si verifica l’incontinenza cervico-segmentaria, e le stime riportate in letteratura sono molto variabili: da una donna su 100 a una su 1.000 manifesta questo problema nel corso della gravidanza.
Da che cosa è causata?
All’origine dell’insufficienza cervicale sono associati traumi ostetrici o interventi ginecologici, oppure cause di tipo congenito come le malformazioni mulleriane. La cosiddetta cervice breve in gravidanza si manifesta quando il collo dell’utero presenta una lunghezza inferiore ai 2/2.5 centimetri prima del terzo trimestre. Nel corso di una gravidanza senza particolari problemi, la lunghezza della cervice uterina è generalmente uguale o superiore a 3 centimetri, per poi accorciarsi e dilatarsi progressivamente durante il travaglio. In questo modo il collo dell’utero permette al bambino di venire al mondo.
L’insufficienza cervicale può essere trattata?
Sì, con un intervento di cerchiaggio cervicale transvaginale (CTV). Alla paziente viene applicato un piccolo nastro di tessuto sintetico sul collo dell’utero, così da rafforzare la cervice e ridurre al minimo le probabilità di aborto e parto prematuro. Inoltre, è sempre consigliato il riposo e l’astensione da attività fisiche impegnative. Nei casi più gravi, il cerchiaggio cervicale può essere effettuato per via addominale tramite laparoscopia.
Che cosa sono invece i miomi?
I miomi, conosciuti anche come fibromi uterini, sono neoformazioni benigne dell’utero che insorgono sempre più frequentemente con il progredire del periodo fertile. Dopo i 45 anni di età quasi la metà delle donne è portatrice di miomi uterini. L’intervento di asportazione dei fibromi, la miomectomia, in buona parte dei casi non è necessario. Inoltre, in alcune circostanze selezionate possono essere utilizzati dei trattamenti alternativi all’intervento chirurgico. In caso di diagnosi di fibromi uterini è buona norma sottoporsi a controlli periodici, specialmente nel caso compaiano sintomi a livello ginecologico.
Quali sono i campanelli d’allarme?
Il flusso mestruale che aumenta o un notevole senso di peso alla zona pelvica possono essere dei segnali che qualcosa non va. Infatti i fibromi possono alterare la cavità uterina e causare emorragie e anemia. Inoltre, l’aumento della dimensione dei miomi può provocare un senso di ingombro e di peso pelvico. Infine, i miomi possono interferire con il concepimento oppure aumentare il rischio di aborto. Una donna portatrice di fibromi dovrebbe consultare un ginecologo esperto prima di cercare una gravidanza o sottoporsi a tecniche di fertilizzazione assistita.
I fibromi possono trasformarsi in tumori maligni?
Il rischio che questi miomi si trasformino in tumori maligni aumenta con l’avanzare dell’età. Se a 30 anni la probabilità che un fibroma nasconda cellule neoplastiche maligne è marginale, con l’avanzare dell’età questa possibilità aumenta progressivamente, pur rimanendo assai limitata. Infatti, il rischio prima della menopausa è generalmente basso e indicato tra 1 su 500 e 1 su 1.000 casi. Dopo la menopausa il rischio aumenta in particolare in presenza di sanguinamenti anomali, dolori pelvici, aumento delle dimensioni del fibroma e cambiamento delle sue caratteristiche ecografiche. In questi casi è importante effettuare accertamenti tempestivi ed eventualmente procedere con l’asportazione dell’utero per il sospetto di una forma maligna chiamata sarcoma uterino.
Come si curano i fibromi?
Al Policlinico di Milano abbiamo diverse possibilità di cura a disposizione. È molto importante valutare caso per caso, così da poter scegliere la terapia più adatta. Non sempre è indispensabile un trattamento e in molti casi è indicata l’osservazione clinica nel tempo.
In genere, se il flusso mestruale abbondante è causato da fibromi sottomucosi, cioè all’interno della cavità uterina, si procede con l’isteroscopia, un intervento in cui il mioma viene frammentato attraverso uno strumento endoscopico. Così viene ridotto al minimo l’impatto dell’operazione sulla paziente. Infatti, si tratta di un intervento mini-invasivo che richiede un solo giorno di ricovero.
Se invece i fibromi interessano l’intera parete uterina si può procedere alla loro asportazione per via laparoscopica, cioè tramite una sonda ottica dotata di videocamera che, inserita attraverso l’ombelico, permette la visualizzazione ottimale degli organi addominali e pelvici. Tre ulteriori piccoli strumenti vengono poi utilizzati tramite incisioni addominali di pochi millimetri. La miomectomia effettuata per via laparoscopica necessita generalmente di soli tre giorni di ricovero. In assenza di complicazioni, le donne possono tornare a svolgere le abituali attività dopo circa una settimana dalla dimissione.
La classica laparotomia, cioè l’apertura della parete addominale, è oggi riservata ai casi più impegnativi, quando sono presenti fibromi multipli e di grandi dimensioni.
In altri casi si può optare per trattamenti diversi, come l’assunzione per alcuni mesi dei farmaci GnRH-agonisti che permette di ripristinare i normali valori ematologici interrompendo la funzionalità delle ovaie e inducendo una condizione ormonale temporanea simile alla menopausa. Anche gli strumenti a radiofrequenza vengono utilizzati per la cura dei miomi, così come quelli basati sugli ultrasuoni. In casi selezionati può essere impiegata l’embolizzazione delle arterie uterine, un intervento che consiste nel chiudere una particolare vena o arteria per interrompere il flusso di sangue.
Infine, quando non vi sia più il desiderio di avere figli, può essere considerata l’asportazione dell’utero (isterectomia) con la conservazione delle ovaie. Nonostante molti pregiudizi, quando correttamente indicata l’isterectomia è l’intervento associato al maggior grado di soddisfazione a medio-lungo termine delle pazienti. La preservazione delle ovaie permette infatti di evitare i problemi associati e una menopausa precoce. Inoltre, l’asportazione dell’utero generalmente non influenza negativamente la funzionalità sessuale e non aumenta il rischio di disfunzioni vescicali e intestinali o di prolasso genitale. In molti casi, anche l’isterectomia per i fibromi può essere effettuata per via laparoscopica o robotica.