Lasciare la panchina
Emofilia sport
Matteo scrive due parole sul motore di ricerca del suo telefono, ma non preme invio. Mette in tasca il telefono e guarda fuori dal finestrino dell’autobus. Non vale la pena cercare, l’ha già fatto mille volte e il risultato è sempre lo stesso: evitare gli sport di contatto.
Non ha bisogno di cercare su internet per saperlo: è la stessa cosa che gli ripetono i suoi genitori da quando ha memoria. Non puoi fare sport Matteo! Non vale la pena correre questo rischio! Ma allora a cosa serve andare tre volte a settimana a fare le infusioni? Per qualche noiosissima lezione individuale di nuoto? Capisce le loro preoccupazioni, ma ormai ha 18 anni ed è stufo di essere diverso dagli altri. E ora che i suoi compagni di classe stanno formando la squadra per il torneo di calcetto della scuola, la sua malattia gli pesa più che mai.
Quando arriva la fermata del Policlinico scende e si dirige verso il reparto: viene qui così spesso che i suoi piedi conoscono il percorso a memoria. Ma ad aspettarlo c’è una Dottoressa che non ha mai visto che gli chiede se ha un momento per parlare. Quello che segue gli sembra un sogno: la Dottoressa gli parla di una nuova terapia che sfrutta dei virus inattivati per andare a correggere il difetto genetico che causa l’emofilia. Basterebbe una sola sessione per evitare di aver bisogno di nuove infusioni per interi anni. Gli dice: “pensaci su, Matteo. Saresti uno dei primi pazienti in Italia a provarla.”
Matteo la ringrazia e dice che ci penserà, ma dentro di sé ha già deciso: non vede l’ora di dirlo ai suoi genitori! Esce dal Policlinico con un sorriso stampato in faccia. Ha un nuovo messaggio sulla chat della classe: “Matte, dai, potrai fare almeno il portiere!” non ci pensa due volte, digita “contate su di me!” e preme invio. Senza indugio.