Quando le parole non dette possono nascondere qualcosa di più
— Valentina Meschia, con la consulenza scientifica di Maria Cristina Saetti, neurologa
Quante volte ci capita di averla proprio lì sulla punta della lingua, ma più ci pensi e meno ti viene, quasi volesse farci un dispetto. E poi basta andare avanti con il discorso che lei emerge da quel famoso cassettino che ci sentiamo ripetere fin da quando siamo bambini. Eh sì, perché alle parole, spesso piace scherzare e ‘nascondersi’ per non farsi trovare.
Ma cosa ci vogliono dire queste parole non dette o che si fanno attendere? Quando bisogna iniziare a preoccuparsi?
Per capire ‘il dietro alle quinte’ di questi episodi ne parliamo con Maria Cristina Saetti, neurologo del team di Neurologia del nostro Ospedale.
Perché mentre stiamo parlando il nostro cervello a volte ‘si inceppa’?
Bloccarsi durante un discorso, non trovare le parole giuste, balbettare o distorcere una parola, sono piccoli errori di linguaggio che capitano ogni giorno. Questo succede tutte le volte che per così dire ‘sovraccarichiamo’ il nostro cervello, volendo svolgere contemporaneamente e rapidamente numerose attività. Ma non solo, anche stress, depressione ed emozioni possono interferire con il linguaggio.
Cosa porta a questi errori?
Tutte le funzioni cognitive, linguaggio compreso, richiedono attenzione. Se mentre parliamo stiamo pensiamo ad altro, oppure siamo in uno stato emotivo che ci distrae dalla situazione, l’attenzione viene meno e il sistema si inceppa.
Quando bisogna preoccuparsi?
È importante vedere il contesto in cui avvengono errori ed inceppi. Oggi viviamo in un mondo frenetico e ci viene chiesto di fare più cose insieme, siamo iperattivi: parliamo, ma intanto scriviamo al computer e rispondiamo al collega che ci chiede una cosa. Questo aumenta la possibilità di errore, è una risposta normale del nostro cervello, non siamo stati progettati per fare più cose insieme, ma ad agire nel tempo e non contro il tempo. Se però si notano frequenti problemi di linguaggio anche in situazioni di relax e di tranquillità emotiva, il consiglio è di approfondire con una visita neurologica.
Che ruolo ha l’età?
Con il passare degli anni, il normale invecchiamento cerebrale ci porta ad essere sempre meno efficienti nel dividere l’attenzione su più compiti, si è sempre meno multitasking. Con l’età, si modifica gradualmente il proprio modo di pensare, diminuisce la rapidità di elaborazione delle informazioni e aumenta la saggezza. Dopo i 50 anni, il cervello è stato per così dire progettato per essere più riflessivo: i circuiti neuronali sono più impegnati in processi logici, attingono alle informazioni immagazzinate con gli anni, e queste operazioni di ‘approfondimento’, portano ad un rallentamento delle risposte e a concentrarsi su una cosa alla volta. È come se pensassimo a un computer: c’è la memoria che permette di immagazzinare le informazioni e la RAM che consente di elaborarle più velocemente. Sopra i 50 anni, la capacità di memoria aumenta, mentre la RAM diminuisce. È una condizione legata al normale invecchiamento e se non interferisce con la vita quotidiana e non è frequente, non c’è da preoccuparti, ma se si notato cambiamenti improvvisi e continui, soprattutto se si è più giovani, è opportuno rivolgersi al proprio medico poiché i disturbi di linguaggio possono essere un sintomo di malattie cerebrali.
Ci sono condizioni che possono portare a difficoltà nel linguaggio?
Oltre alle malattie neurodegenerative, che portano ad atrofia e morte neuronale, anche tumori al cervello, ictus, malattie infettive batteriche o virali, oppure traumi cranici, possono danneggiare l’emisfero cerebrale sinistro, in cui ha sede il linguaggio. Il disturbo che ne deriva prende il nome di afasia e viene diagnosticata durante la visita neurologica attraverso test specifici che valutano la fluenza del parlato, la frequenza di inceppi, la frequenza e il tipo di errori e la prosodia, cioè le inflessioni e il tono della voce. Una volta evidenziata l’afasia, si procede con esami diagnostici come la risonanza magnetica per valutare l’integrità e lo spessore della corteccia cerebrale e la PET per esplorare la funzionalità dell’area del linguaggio rispetto a quella delle altre zone cerebrali.
Infine, cosa si intende nello specifico per afasia?
Un disturbo del linguaggio che porta a incapacità di esprimersi e comprendere in seguito a patologia/lesione cerebrale. Cosa significa questo? Il cervello non è più in grado di codificare un’idea in suoni, le parole, e allo stesso tempo non riesce più decodificare il significato delle parole ascoltate; questo si proietta anche nella scrittura e nella lettura. Essere seguito da esperti consente di delineare il tipo di afasia a seconda del tipo di errore e dell’aspetto linguistico maggiormente compromesso, individuando l’eventuale trattamento riabilitativo logopedico che potrà essere intrapreso.
I sintomi dell’afasia
Anomia: si conosce l’oggetto ma non si ricorda il nome corrispondente
Errori fonemici o parafasia fonemica: si sbagliano le lettere quando si pronuncia una parola, ad esempio invece di dire TAvolo, si dice TIvolo o PAvilo
Neologismo: se nella stessa parola è presente più di un errore fonetico (Tavolo diventa RAVICO). Questo rende sempre più difficile farsi capire perché si pensa giusto, ma esce un’altra parola; accanto a questo succede anche che non si comprenda cosa viene detto dagli altri perché il cervello non decodifica le parole correttamente
Errori verbali o parafasia verbale: le parole vengono pronunciate bene ma in contesti sbagliati: mangia la casa. Oppure se viene fatta una domanda e si risponde altro, pur pensando correttamente: 'Come stai oggi?' 'Ha piovuto rosso'
Palilalia: disturbo del linguaggio che consiste nella ripetizione continua di sillabe, parole o frasi.
Acalculia afasica: difficoltà a fare i calcoli dovuti ad incapacità di comprendere e codificare il linguaggio numerico
Conduites d’approche (correzioni spontanee): ci si accorge di aver detto una parola sbagliata e ci si corregge fino a dirla correttamente (Pivolo -> Tivolo -> Tavolo)