Intestino irritabile: la possibile soluzione è nel microbioma
— di Federica Bonalumi, con la consulenza scientifica di Flavio Caprioli, gastroenterologo del Policlinico di Milano
Sensazione di gonfiore, dolore addominale e alternanza tra periodi di diarrea e di stitichezza. Sono i tre sintomi principali di una patologia sempre più frequente: la sindrome dell’intestino irritabile.
Si tratta di una sindrome le cui cause non sono ancora completamente chiarite. Per molto tempo si è ipotizzato come i sintomi, tipicamente aggravati da situazioni di stress, potessero originare una patologia a carico del sistema nervoso, ed in particolare dei meccanismi legati alla percezione del dolore. Oggi trova sempre più conferme l’ipotesi che, fra i principali responsabili della genesi di questi sintomi, vi sia una alterazione della flora batterica intestinale, ovvero il cosiddetto microbioma, che comprende tutti i microorganismi, presenti nel nostro tratto digestivo.
Per capire di cosa si tratta e come prendercene cura, ne abbiamo parlato con Flavio Caprioli, gastroenterologo del Policlinico di Milano.
In che modo sono legati la sindrome del colon irritabile e il microbioma intestinale?
L’intestino irritabile è una patologia molto frequente, interessa circa il 30% della popolazione mondiale, con una preponderanza nel sesso femminile: il rapporto con il sesso maschile è infatti di circa 3 a 1. E’ attualmente ipotizzato come il microbioma intestinale rappresenti un importante fattore causale nei meccanismi alla base della sindrome.
Si è notato infatti come i pazienti con sindrome dell'intestino irritabile presentino un’importante alterazione della flora batterica rispetto a individui esenti da tale patologia, condizione nota come disbiosi, alterazione che contribuisce allo sviluppo dei sintomi. Ad esempio, i pazienti con sindrome dell’intestino irritabile sono caratterizzati da una flora batterica che tende a iper-fermentare alcuni alimenti, causando gonfiore addominale e alterando i meccanismi di assorbimento e di gestione dei liquidi all'interno del tratto digerente, che quindi può causare periodi di diarrea o stitichezza. Ancora più recentemente è stato dimostrato come alcuni metaboliti batterici possano modificare la sensibilità intestinale aumentando la percezione del dolore.
Quindi è possibile sostenere come una alterazione della flora batterica intestinale si associ a tutti i sintomi tipici della sindrome dell'intestino irritabile.
Come si diagnostica la sindrome dell’intestino irritabile?
Per la diagnosi di intestino irritabile non esiste un test, per cui si deve procedere per esclusione. E’ necessario escludere una serie di patologie di natura infettiva o infiammatoria (come ad esempio le malattie infiammatorie croniche dell'intestino), le intolleranze alimentari (come la malattia celiaca),patologie di natura tumorale, questi ultimi riguardanti soprattutto le fasce di età più avanzata.
Una volta effettuati gli accertamenti volti ad escludere queste patologie, è possibile confermare la diagnosi di sindrome da intestino irritabile.
Si tratta di malattie prevalenti nei Paesi occidentali e in continuo aumento, come mai?
Le ragioni probabilmente risiedono nell'alterazione della flora batterica intestinale che riguarda le persone che vivono nei Paesi Occidentali a causa di una progressiva modifica dieta. È uno dei motivi alla base sia della sindrome dell'intestino irritabile sia delle malattie infiammatorie croniche intestinali, così come di altre patologie autoimmunitarie la cui origine ha a che fare anche con lo stile di vita occidentale. Oltre allo stile di vita c’è anche una componente genetica che contribuisce all’origine di questa sindrome.
Quali sono le cure principali?
I trattamenti per la sindrome dell'intestino irritabile oggi sono molteplici. Risultati positivi sono osservati a seguito di una modifica della flora batterica intestinale attraverso una dieta specifica. Esistono infatti delle diete che influiscono sulla quantità di gas che viene prodotto a livello intestinale, note come diete a basso indice di fermentazione, ma che nel lungo termine possono modificare in senso positivo la flora batterica intestinale determinando una minore disbiosi.
La dieta si può inoltre associare a trattamenti che modulano la flora batterica intestinale, sia di tipo antibiotico sia di tipo probiotico e a trattamenti di natura desensibilizzante, volti cioè a ridurre la ipersensibilità intestinale, questi ultimi efficaci soprattutto sulla componente dolorosa.
I nuovi orizzonti del trattamento: Il trapianto di microbioma
Recentemente si è visto che uno dei trattamenti più efficaci per la sindrome dell’intestino irritabile sia costituito dal trapianto di microbioma che consiste nella sostituzione – durante una procedura endoscopica – del microbioma del paziente malato, con quello proveniente da un donatore sano, dopo che quest’ultimo sia stato sottoposto a uno screening estensivo, comprensivo di numerosi test microbiologici per escludere la presenza di qualunque tipo di patogeno all’interno del campione di microbioma donato. Nel corso di una colonscopia, il microbioma fecale del donatore viene infuso all'interno del colon del paziente, in modo da colonizzare l’apparato digerente del ricevente. Il trapianto di microbioma è, ad oggi, il modo più radicale ed efficace di modificare la flora batterica intestinale.
Ad oggi la indicazione principale per il ricorso a questo intervento è l’infezione da Clostridium difficile refrattaria, patologia spesso secondaria ad utilizzo di antibiotici o ospedalizzazioni. Ma a livello sperimentale ci sono tantissime potenziali applicazioni di questa procedura a partire dal colon irritabile, alle malattie infiammatorie intestinali, a problemi di tipo neurologico, al Parkinson, alla depressione, fino a problemi di natura neuromuscolare.