Salvato speleologo bloccato a oltre 1000 metri di profondità: medico del Policlinico di Milano tra i soccorritori
— di Ilaria Coro
A volte l’incontro tra due passioni contribuisce a salvare una vita. Come nel caso di Enrico Rino Bregani - medico del Policlinico di Milano ma anche alpinista-speleologo per amore della montagna – uno dei soccorritori che ha messo in salvo un esploratore americano bloccato a oltre 1000 metri sottoterra nella Grotta Morca in Turchia ai primi di settembre per circa 10 giorni.
Mark Dickey, 40enne speleologo statunitense impegnato con un team internazionale di esperti nello studio delle cavità naturali, ha iniziato a manifestare i primi sintomi di un’emorragia gastrica che gli ha impedito di proseguire durante una missione nella terza grotta più profonda della Turchia. L’allarme è scattato la mattina di domenica 3 settembre, quando alcuni suoi compagni hanno allertato i soccorsi. In poco tempo, è stato attivato un servizio di cooperazione internazionale che ha visto coinvolto il Soccorso Alpino e Speleologico italiano, noto per le sue capacità di intervento in queste situazioni così complesse. Tra i soccorritori anche Enrico Rino Bregani, internista della Medicina - Emostasi e Trombosi del Policlinico di Milano, con la passione - oltre che per la medicina - anche per la montagna e le grotte.
Dottor Bregani come riesce a far convivere la passione per la medicina e quella per l’alpinismo?
Nel mio tempo libero, da sempre pratico l’alpinismo e la discesa nelle grotte. Dal 1989 faccio parte come volontario del Soccorso Alpino e Speleologico. In Italia c'è una grande richiesta di medici, soprattutto per quanto riguarda la parte speleologica, perché in Europa pochissimi sono in grado di arrivare in profondità molto elevate, come appunto i 1000 metri sottoterra. Per essere sempre pronti in caso di necessità, vengono fatte dell’esercitazioni sia in grotta che in montagna e nei torrenti ogni due o tre mesi mentre più volte durante l’anno organizziamo corsi di preparazione sanitaria per i volontari laici di tutta Italia, tutto compatibilmente con i turni in corsia, perché la priorità va sempre all'ospedale. Quando veniamo chiamati per qualche urgenza, concordiamo con il primario e cerchiamo di metterci d’accordo con i colleghi così da riuscire a dare sempre il nostro contribuito anche in situazioni molto delicate. Per quest’ultimo intervento, sono stato contattato durante il periodo di ferie così ho potuto dare subito la mia disponibilità.
Com’è andata quest’ultima esperienza?
Rispetto alle altre missioni, questa è stata una sfida ancora più difficile perché lo speleologo non aveva semplicemente subito un traumatismo - come succede la maggior parte delle volte - ma ha manifestato un’emorragia interna. Un problema che poteva avere un’evoluzione molto grave e rapida con necessità di trasfusioni, diversi farmaci e manovre, anche a livello intensivo, nel momento in cui i parametri vitali si fossero alterati. Senza sussidi come sangue e plasma, a una temperatura di 5°C, è stato veramente complicato riuscire a trasportarlo attraverso le strettoie di una grotta, visto che inizialmente non poteva muoversi da solo e con un sanguinamento che andava stabilizzato. Bisogna considerare che per comunicare con lui, usavano un cavo telefonico e ogni farmaco che doveva essere mandato in grotta ci metteva dalle 7 alle 9 ore per raggiungere il paziente: a oltre 1000 metri sottoterra è stata allestita un'emergency room "da grotta". Per farlo al meglio, sono intervenute circa 150 persone da 8 paesi diversi tra Bulgaria, Ungheria, Romania, Polonia, Croazia e il contributo italiano è stato quello maggiore con quasi 50 tecnici coinvolti, tra cui solo due medici – io e la dottoressa Cristiana Pavan, medico anestesista agli Ospedali Riuniti di Ancona, e due infermieri esperti di urgenze, Romeo Uries e Stefano Guarniero.
Enrico Rino Bregani è un medico allenato alle grandi sfide: ha vissuto cinque anni in Africa, in diversi periodi della sua vita. Una sfida che gli ha permesso di scoprire la forza dell’empatia e dell’approccio umano quando mancano i mezzi sanitari. Svolgere la propria attività in ospedali che si trovano in zone estremamente povere dell’Africa, è stata un’importante lezione sull'arte di sapersi arrangiare e su quanto si possa ricevere aiutando chi soffre.
Nella foto Enrico Rino Bregani insieme alla dottoressa Cristiana Pavan, medico anestesista agli Ospedali Riuniti di Ancona entrambi parte del team del Soccorso Alpino e Speleologico italiano intervenuto in Turchia.