Kamal. Un bambino con i piedi per terra
— Alessandra Cerra, infermiera Dialisi Pediatrica
Kamal arrivava dal Marocco. Quando l’ho conosciuto aveva 6 anni, sembrava più piccolino. Storpiava i nomi, storpiava le parole. Veniva a fare la dialisi accompagnato dalla mamma, che si portava appresso la figlia più piccola nel passeggino. "La mia solella" diceva.
Stavano in stanza tutti e tre. Kamal si apparecchiava il letto con dinosauri, gormiti e altri supereroi. Schierava formazioni improbabili che si combattevano, era presissimo a far muovere eserciti.
Poi veniva la maestra a fargli un po' di scuola: sparecchiava il campo di battaglia e apriva libri e quaderni. Era ancora in quella fase per cui l'esercizio della scrittura richiede uno sforzo da parte di tutto il corpo: aggrottava la fronte, faceva movimenti della mano ampi e circolari che risalivano fino alla spalla, tratteneva il respiro per vergare le lettere più insidiose. Agitava anche le gambe, soprattutto quando cominciava a stancarsi. Le sedute di dialisi facevano parte della sua routine quotidiana. Non gli causavano nessun disagio e neanche dava segno di annoiarsi.
Una mattina è stato chiamato per il trapianto. Era di sabato, pioveva. Si doveva attendere. C'era una prassi da seguire, che portava qualche fastidio: l'ago della flebo, il digiuno da rispettare per lunghe ore. Se ne stava accucciato dentro il letto. Era assonnato, ma anche in allarme, non riusciva ad addormentarsi. Mi trovavo di fianco a lui che stavo compilando non ricordo quale modulo. Mi osservava.
- Hai la penna cancellabile.
- Ma no che non è cancellabile, rispondo.
- La vedi la gomma sul cappuccio? È cancellabile.
E già, bravo Kamal, con i piedi per terra. Inutile perdersi in pensieri grandi, meglio concentrarsi sulle cose piccole, e lasciare fare.
Quel giorno andò come previsto, l'intervento ebbe successo e Kamal cominciò la sua nuova vita con un rene che funzionava. Però Kamal questo trapianto non lo aveva preso bene. Era diventato taciturno. Si arrabbiava con la mamma, si spazientiva con la sorellina. Mangiava e beveva pochissimo. Si era tutti preoccupati. Poi l'abbiamo capito, che lui stava bene in dialisi, gli piacevano i viaggi con l'ambulanza avanti e indietro dall'ospedale insieme alla mamma e alla sua sorellina, i gormiti, la maestra, le infermiere che lo attaccavano alla macchina senza fargli male e il dottore che cantava sempre.
È passato altro tempo, piano piano si è fatto persuadere che era meglio così, con il rene nuovo. Ora è un adolescente, lo vediamo in ambulatorio per le visite di controllo. Ci saluta, obliquo, non dà più confidenza. I gormiti appartengono ad un'altra era.
Un lavoro di squadra. Storie come quella di Kamal spesso percorrono i luoghi e le camere di diversi reparti: perché in un Policlinico ci sono più specialisti che lavorano insieme con lo stesso obiettivo, che poi è il benessere del paziente. I bimbi con problematiche renali, in particolare, sono seguiti dalla Struttura di Nefrologia e Dialisi Pediatrica, dove si concentra una grande esperienza anche nel campo delle malattie rare e dove sono seguiti pazienti provenienti anche dall'estero. Nei casi che lo richiedono viene poi coinvolta la Struttura di Chirurgia Generale - Trapianti di rene, che ha al suo attivo quasi 500 interventi su pazienti pediatrici: un volume di attività importante, che rende il Policlinico un vero e proprio punto di riferimento.
Articolo tratto dal magazine Blister, storie dal Policlinico per curare l'attesa
24 Gennaio - Giornata Internazionale dell'Educazione