CAR-T: una possibilità in più per trattare i tumori del sangue al Policlinico di Milano
— di Lino Grossano
Armare il sistema immunitario del paziente per combattere il suo stesso tumore. E' questa l'idea che è alla base delle CAR-T, una terapia basata su un particolare tipo di globuli bianchi che vengono 'addestrati' in laboratorio per riconoscere e distruggere le cellule di alcuni tumori del sangue, come i linfomi non Hodgkin o le leucemie linfoblastiche. E' una tecnica rivoluzionaria e all'avanguardia, garantita dal Servizio Sanitario Nazionale e disponibile anche al Policlinico di Milano, dove lavora un apposito CAR-T team dell’Ematologia: ne abbiamo parlato con Francesco Passamonti, direttore dell'Ematologia al Policlinico di Milano e con la responsabile del CAR-T team Maria Cecilia Goldaniga.
In cosa consiste la terapia con le cellule CAR-T?
E' di fatto un modo per armare il sistema immunitario e farlo reagire alla nostra stessa malattia. I linfociti T, che sono un particolare tipo di globuli bianchi, vengono prelevati dal paziente e sottoposti a una trasformazione in laboratorio: in particolare gli viene applicato un Chimeric Antigen Receptor (CAR), ovvero una molecola che li rende capaci di riconoscere una proteina che è specifica solo delle cellule malate.
I linfociti così modificati sono appunto le CAR-T: vengono reinfusi nel paziente, dove agganciano le cellule tumorali per distruggerle. Non si infondono quindi farmaci come finora siamo stati abituati a fare, ad esempio con la chemioterapia, ma viene potenziato direttamente il sistema immunitario.
Su quali patologie si possono impiegare le CAR-T?
Sono diverse, e su ciascuna di queste il Policlinico di Milano può vantare una lunga esperienza. Sono il linfoma diffuso a grandi cellule B, il linfoma mantellare, il linfoma primitivo del mediastino, il linfoma follicolari, la leucemia linfoblastica acuta, e nel prossimo futuro anche il mieloma multiplo.
Ne possono beneficiare tutti i pazienti che hanno queste patologie?
L'indicazione per le CAR-T è per i pazienti nei quali le prime linee di terapia (di norma la chemioterapia) non abbiano avuto gli effetti sperati. Non è però l'unico parametro da valutare: il paziente va infatti inquadrato con molta attenzione dal punto di vista clinico. L'alta specialità del centro che segue il paziente è un fattore determinante per l'efficacia dell'intero percorso di cura. La multidisciplinarietà che caratterizza il Policlinico di Milano è estremamente importante per la scelta del paziente da candidare al percorso CAR-T, così come per la gestione delle complicanze che potrebbero insorgere a seguito della terapia.
In linea generale, comunque, un paziente che abbia avuto la prima ricaduta di malattia a distanza di diversi anni può essere candidato a un trapianto autologo di midollo, mentre se la prima ricaduta si presenta entro l'anno e la malattia è resistente alle terapie, il paziente è potenzialmente candidabile al trattamento con le CAR-T. In aggiunta, il trattamento CAR-T può essere proposto in seguito a tutte le ricadute oltre la seconda linea di terapia.
Perché le CAR-T sono considerate una vera rivoluzione nella cura di determinati tumori del sangue?
Perché sono il paradigma della medicina attuale, che punta all'estrema precisione nell'andare a curare la malattia senza però andare a danneggiare altri tessuti o organi del paziente. Il vantaggio di questo approccio è che il linfocita ingegnerizzato funziona anche se la cellula del linfoma è resistente ad altre terapie: questo ci consente di salvare quasi il 40% dei pazienti in più, che erano destinati ad una evoluzione infausta e che invece si possono sostanzialmente definire guariti.
Come tutte le terapie, però, non è esente da rischi o da effetti collaterali.
Esattamente. Armare i linfociti e reinfonderli del paziente provoca un'attività immunologica 'tumultuosa', e questo può dare delle complicanze, che possono essere anche gravi. Oggi siamo in grado di gestirle molto meglio rispetto agli albori di questa tecnologia, ma non vanno comunque sottovalutate.
Questo è uno dei motivi per cui i centri che somministrano le CAR-T devono avere grandi competenze non solo ematologiche ma anche rianimatorie, neurologiche, infettivologiche. Per questo è una terapia che al momento attuale non può essere infusa in qualsiasi ospedale.
Infatti al Policlinico è attivo un apposito CAR-T team. Come funziona?
Il fattore cruciale è coordinare e organizzare la molteplicità di specialisti necessaria per un percorso di questo tipo.
In primis c'è l'Ematologia, che con i suoi specialisti delle varie malattie onco-ematologiche si occupa non solo della somministrazione delle CAR-T, ma anche di selezionare i pazienti candidabili al percorso, di seguirli nel tempo e di somministrare le 'terapie ponte' che li preparano al trattamento.
Tra le altre componenti fondamentali c'è ad esempio la Medicina Trasfusionale, che si occupa dell'aferesi (la tecnica con cui si estraggono i linfociti dal paziente), ma anche la Farmacia, dato che i linfociti una volta ingegnerizzati sono gestiti come un vero e proprio farmaco personalizzato.
Sono coinvolti anche gli specialisti della Neurologia, che fanno valutazioni sul paziente prima del trattamento e che intervengono in caso di determinate complicanze, così come i colleghi rianimatori che danno un costante e prezioso supporto. Infine sono coinvolti gli specialisti delle Malattie Infettive, dato che questa terapia può esporre il paziente a infezioni anche rilevanti.
Grazie a un importante lavoro di squadra, il team è in grado di selezionare con cura i pazienti candidabili al trattamento con le CAR-T così come di gestire gli eventi avversi.
Quanto sono frequenti gli eventi avversi di questa terapia?
Gli eventi avversi lievi si verificano con percentuali molto alte, ma sono gestibili facilmente. Gli eventi più gravi invece si verificano in circa il 10% dei trattamenti, ed è una percentuale che è diminuita progressivamente nel tempo perché si sta imparando sempre più a gestirli.
Come accede il paziente al percorso CAR-T?
I modi sono sostanzialmente due: nel primo la persona è già paziente di un centro che somministra le CAR-T, come il Policlinico di Milano. Gli ematologi che seguono il suo caso ne valutano i parametri e, se sono compatibili con il percorso, lo propongono alla valutazione del CAR-T team dove gli specialisti lo giudicano idoneo o meno all'infusione.
La seconda via consiste nell'invio del paziente da altri ospedali ad un centro che somministra le CAR-T. Il Policlinico valuta persone candidate al trattamento che provengono sia da altri centri lombardi sia da fuori Regione: stiamo lavorando anche per creare una rete con gli specialisti di altri centri, per discutere i casi in maniera collegiale e per dare a sempre più persone la possibilità di accedere a questo percorso di cura. Anche perché accentrare i casi in un’unica struttura specializzata aumenta la sicurezza di tutto il percorso.