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06/05 2024
Salute

Sindrome dell'intestino irritabile: tra diagnosi, terapie e alimentazione

— Valentina Meschia, con la consulenza scientifica di Andrea Costantino, gastroenterologo

Dolore e gonfiori addominali, stipsi o diarrea, sintomi che tutti hanno avuto almeno una volta nella vita. Se diventano cronici potrebbe essere sindrome del colon irritabile, una volta definita “colite" o colon irritabile”. È una patologia intestinale frequente e colpisce maggiormente le donne. Oggi grazie alla ricerca si sa sempre di più su questa malattia, sull'asse intestino-cervello e sugli effetti positivi dell'alimentazione e dell'attività fisica.

Per saperne di più ne abbiamo parlato con Andrea Costantino, gastroenterologo del Policlinico di Milano.
 


- Cos'è la sindrome del colon irritabile?

La sindrome dell’intestino irritabile (IBS), nota anche come sindrome del colon irritabile, è caratterizzata da dolori addominali cronici (più di 3 mesi continuativamente), associati o meno a disturbi dell’evacuazione. Fra le patologie dell’apparato digerente, la sindrome dell’intestino irritabile rientra fra i cosiddetti disturbi funzionali.

- Cosa si intende con la denominazione disturbi funzionali?

In questa macroclasse rientrano quelle condizioni in cui la normale motilitià e la sensibilità nervosa dell'apparato digerente sono alterate. Questi disturbi, oggi chiamati “disturbi dell’interazione dell’asse intestino-cervello”, possono interessare sia la parte superiore del tratto gastroenterico (esofago e stomaco) che l’intestino.

I disturbi funzionali gastrointestinali sono molto comuni: secondo recenti studi almeno uno di questi disturbi cronici è riportato da circa il 40% della popolazione mondiale (46% fra le donne e 34% fra gli uomini).

La prevalenza dell’intestino irritabile in Italia è di circa il 5%, con una maggiore prevalenza fra le donne e nelle persone di età inferiore ai 45 anni.

- Ma con alternazione, si intende che questi disturbi provocano danni agli organi colpiti?

No. I disturbi funzionali gastrointestinali non sono associati ad alterazioni anatomiche o fisiopatologiche visibili agli esami diagnostici, ma da meccanismi responsabili della sintomatologia: questi non sono ancora del tutto noti, ma è stato dimostrato il possibile ruolo di alterazioni del microbiota intestinale (in passato chiamato flora batterica), di alterazioni della permeabilità intestinale, di ipersensibilità delle fibre nervose viscerali con una eccessiva risposta a stimoli come eventi stressanti e alcuni tipi di alimenti.

- Quali sono i sintomi del colon irritabile?

Oltre al dolore (anche di lieve intensità), associato o migliorato dall’evacuazione, la sindrome dell’intestino irritabile è solitamente associata a stipsi o diarrea. Possono essere inoltre presenti gonfiore e distensione addominale, o altri sintomi funzionali gastrointestinali come i sintomi di cattiva digestione (noti come disturbi dispeptici). La sindrome dell’intestino irritabile non è una patologia pericolosa, ma la presenza di sintomi cronici diminuisce la qualità di vita di chi ne è colpito, essendo una sintomatologia spesso difficile da trattare.

- Come avviene la diagnosi?

La diagnosi viene effettuata sul quadro sintomatologico riferito dal paziente e dall'esame obiettivo che lo specialista esegue durante la visita.
Per aiutare a confermare o escludere la diagnosi di intestino irritabile è necessario eseguire alcuni esami del sangue o delle feci (ad esempio l’emocromo per escludere l’anemia o l’aumento dei globuli bianchi), l’esame della calprotectina fecale per escludere l'infiammazione a livello intestinale, e lo screening sierologico anticorpale per escludere la celiachia (se presente diarrea).
In alcuni casi, l’ecografia delle anse intestinali, una metodica non invasiva e senza radiazioni, aiuterà nell’escludere altre patologie (ad esempio la malattia diverticolare o le malattie infiammatorie croniche intestinali).

Se presenti sintomi come calo di peso importante, sangue nelle feci e masse palpabili o sintomatologia riconducibile al colon irriabile ma la cui comparsa avviene dopo i 45-50 anni, è necessario eseguire una colonscopia per escludere altre patologie.


- Abbiamo detto che può essere difficile da trattare, ma quali sono le terapie per l'intestino irritabile?

Ci sono diverse opzioni terapeutiche disponibili per gestire i sintomi della sindrome dell’intestino irritabile e migliorare la qualità della vita di chi ne soffre. Fra le terapie più utilizzate ci sono quelle che puntano a modificare il microbiota intestinale (probiotici, prebiotici e alcuni antibiotici). Accanto a queste, altri farmaci utili, contrastano la sintomatologia: esempio farmaci che agiscono sulla consistenza delle feci riducendo la peristalsi intestinale nei casi di diarrea o migliorando la stipsi. In particolare per i pazienti più difficili da trattare, sono disponibili terapie che agiscono sul meccanismo dell’ipersensibilità viscerale: sono i cosiddetti farmaci neuromodulatori che già a bassi dosaggi permettono di controllare la sintomatologia.

- Che ruolo ha l'alimentazione?

L’alimentazione può svolgere un ruolo fondamentale nella gestione della sintomatologia intestinale. È stato dimostrato che alimenti e bevande che contengono elevate quantità di zuccheri altamente fermentabili, noti con l’acronimo inglese di FODMAP (Fermentable, Oligo-Di-Mono Saccharides And Polyols), possano portare a produzione di gas intestinale, dolore e richiamo di acqua nel lume intestinale con conseguente diarrea. Questi zuccheri si trovano in tantissimi alimenti come frumento, grano, latticini, mele, albicocche, ciliegie, fichi, mango, pesche, pere, prugne, anguria e diversi vegetali: cipolle, asparagi, cavoletti di bruxelles e funghi. Ridurne il loro consumo, seguiti da esperti di nutrizione assieme alle terapie prescritte dallo specialista, può migliorare la sintomatologia.
Per una dieta a basso contenuto di FODMAP è inoltre possibile consumare tutti gli agrumi, mirtilli, banane e melone. Tra le verdure invece si possono scegliere tra carote, patate, zucchine, melanzane e peperoni.

- E lo sport?

È stato dimostrato che l’esercizio fisico regolare, almeno 150 minuti di attività aerobica di moderata intensità associato alla riduzione della sedentarietà, contribuisce a migliorare in maniera importante i sintomi intestinali.

 


Curiosità

Numerosi studi hanno dimostrato che dopo una gastroenterite di varia natura (batterica, virale o parassitaria), 1 persona su 10 circa sviluppa dei sintomi cronici da intestino irritabile: questa è la cosiddetta sindrome dell’intestino irritabile post-infettiva.  

In passato si pensava che i pazienti con sindrome dell’intestino irritabile, definita a volte “colite spastica”, non avessero alcuna reale patologia e veniva spesso detto loro che fosse un problema di “testa”. Oggi, invece, i disturbi funzionali sono realmente riconosciuti come patologie aiutando nella loro gestione terapeutica.