notizia
23/10 2024
Salute

Le vacanze sono finite, l’emozione continua

— di Valentina Castellano Chiodo, con la testimonianza di Alessandra Cerra, infermiera della Dialisi Pediatrica del Policlinico di Milano

Qual è il profumo preferito dell’estate? Quanto era fresca l’acqua del mare e leggera l’aria in Sicilia? 
Anche se è già finita, resta ancora viva nella memoria l’ultima vacanza, si ricorda con gioia il bel tempo trascorso ed è dolce parlarne insieme agli amici di stanza, anche se devi tornare a curarti in ospedale e il tuo “compagno di castelli di sabbia” lo rivedi seduto accanto alla tua poltrona, tra una terapia e l’altra. 

Qualche mese fa un gruppo di medici e infermieri del Policlinico di Milano ha accompagnato i ragazzi della Dialisi Pediatrica a trascorrere una breve vacanza in Sicilia, un viaggio per “alleggerire” il dolore, una proposta che da diversi anni viene realizzata grazie al contributo dell’Associazione per il Bambino Nefropatico, che da anni collabora con il nostro ospedale, al fianco dei pazienti e delle loro famiglie.

Quello che segue è il racconto di alcuni momenti della settimana trascorsa insieme al gruppo, una pagina del “diario di viaggio” di Alessandra Cerra, una delle preziose infermiere del Policlinico di Milano in prima linea in corsia e in viaggio per noi.

SICILIA, 16-23 giugno 2024
Il mare si respira già appena fuori dall’aeroporto, dentro al vento caldo che entra nelle narici e passa sulla pelle. Anche a occhi chiusi lo senti che sei al mare e poi in cielo, c’è una luce che abbaglia e un azzurro intenso e bianco di nuvole sfilacciate dal vento.
Siamo in 31 e ci siamo tutti, finalmente pronti a salire sul pullman. L’aeroporto è dispersivo, affollato e ci mischiamo agli altri viaggiatori, in un flusso che non si può contrastare. Si cerca di tenere sott’occhio la comitiva, ma non è facile quando si è in movimento e c’è sempre un po’ di apprensione e qualche piccolo contrattempo. Noi infermiere guardiamo i ragazzi con curiosità, perché oggi sono diversi da come siamo abituati a vederli. A cominciare dagli abiti sfiziosi che indossano, le ragazze hanno il mascara sugli occhi mentre i ragazzi le sneakers, gli occhiali a specchio e le catene spesse al collo per imitare i trapper. I più giovani, accompagnati dalle mamme e da un paio di fratellini, stanno ad osservare e non padroneggiano abbastanza la situazione per potersi scatenare, ma va benissimo così.

Sono un gruppo misto, dai 7 ai 20 anni. Fallou, il più piccolo, è senegalese e ha due occhioni da cerbiatto e un sorriso che ti porta dove vuole lui, mentre Youssef è il più grande e si è già organizzato con la sua “sottocomitiva”, ovvero piccoli gruppi che si sono già formati a Milano, altri invece prendono forma man mano, anche davanti a un tramezzino dentro al bar dell’aeroporto o in aereo, sbirciando sul tablet del vicino i giochi da fare e condividere. 
Ma quando si arriva? E il bagno lo possiamo fare?”: i ragazzi ci assillano con le domande classiche da inizio di vacanza e inizia quell’attesa che rende già felici, partono quelle sensazioni piacevoli che si ricordano e rimarranno addosso anche a loro, ne sono sicura. A ciascuno il suo desiderio, la sua personalissima attesa.

Forza ragazzi, vi diamo una settimana a partire da adesso! Bagno in mare o bagno in piscina? Il mare è calmo, ma non ha confine e c’è sempre qualcuno di vedetta, che ricorda di stare vicino alla riva, c’è un’ondina che ti prende alle spalle, uno spruzzo salato negli occhi, le alghe da spostare, le pietruzze insidiose sotto ai piedi. I ragazzi sembrano preferire la piscina. Forse perché lì si può essere più spensierati e l’acqua perde di potenza, come se fosse addomesticata dentro a una enorme vasca.

Comunque, mare o piscina, il bagno lo vogliono fare tutti! Glielo abbiamo promesso. Anche con il catetere certo e una promessa fatta va mantenuta! Lo impacchettiamo per bene dentro i sacchettini, proprio per resistere all’acqua e tutti a tuffarsi.  Beh sì, siamo un gruppo un po’ strano e ogni tanto si intercettano degli sguardi curiosi. Verrebbe da dire: “Signora le spiego: quella specie di “moncone” bendato che penzola dal petto di qualche bambino è un catetere venoso centrale e serve per fare la dialisi. Invece quegli altri, che a giorni alterni hanno due fascette sugli avambracci, anche loro fanno la dialisi, ma non mi chieda di entrare nei particolari perché si andrebbe per le lunghe”. In realtà non c’è niente di male, è che tutti diventiamo un po’ curiosi sotto l’ombrellone.

Tra i momenti più riusciti c’è stata la gita all’Isola delle Femmine, quell’isola proprio davanti alla spiaggia che sembra così vicina, ma il nostro skipper ha dovuto portarci in tre viaggi, perché con un solo gommone non riuscivamo a salire tutti insieme! Io e la mia collega Valentina abbiamo accompagnato i piccoli. Tutti con il giubbotto salvagente, anche quelli che sanno nuotare. “Non fate storie e ricordatevi che nello zainetto c’è del pane per i pesci”, gli abbiamo detto per distrarli, perché ci hanno detto che ce ne sono tantissimi e che se butti il pane arrivano fin sotto la barca ed è uno spettacolo. Così ci fermiamo a pochi metri dalla terraferma. Non si può salire sull’isola perché è un’oasi naturale protetta dove nidificano gabbiani e uccelli rari. Ci fermiamo a osservarli a distanza, mentre passeggiano sulla riva. Alcuni si alzano in volo, con le ali spiegate disegnando sull’aria. Intanto qualcuno ha già lanciato in mare qualche briciola, i pesci si sono avvicinati e stanno sotto il pelo dell’acqua, agitandola come se ribollisse. I pezzetti di pane spariscono in fretta.  I bambini sono incantati e noi adulti ci godiamo questo loro momento.

Dai che scendiamo!”, dice Valentina e la guardo diritto pensando “Ma siamo sicuri?” E va bene, mi rassegno, lasciamoli tuffare. Sistemiamo per bene i giubbotti e a quelli che ci sembrano più piccoli infiliamo anche i braccioli, perché non si sa mai. Non ce n’è nemmeno uno che voglia rimanere a bordo. L’acqua è fresca e limpida e si vede il fondale roccioso e i pesci che sazi continuano a nuotarci attorno. Tra le risate li senti felici, con le loro frasi che si intrecciano: “Eh, non si tocca! No, che non si tocca… Forte! Voglio vedere, mi presti la maschera? Ho freddo, voglio salire! Adesso mi fai scendere? Ma se sei appena salito!”. È l’ora di rientrare. “Ragazzi come va?” domandiamo quando si sta per ripartire. Risposta scontata. Bene. Hanno gli occhi che ridono. Questa sì che è un’avventura da raccontare!

Dal cielo terso della Sicilia passiamo alla pioggia scrosciante di Milano e fa pure freddo. Tanto per mettere in chiaro che la vacanza è finita. Una settimana vola via, non c’è neanche bisogno di dirlo. È stata una bella parentesi, un modo per conoscersi da una prospettiva diversa, trascorrere del tempo, come si dice, “di qualità” tutti insieme. Sono sicura che qualcosa è rimasto in ciascuno di loro: il germe di un’amicizia, il sapore di una pietanza, anche soltanto l’aria leggera di vacanza. Per questo sentiamo il bisogno di abbracciarci al momento dei saluti, anche se domani, o al più tardi dopodomani, ci rivedremo tutti al centro dialisi, ma con il cuore più leggero che profuma ancora del mare della Sicilia!