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08/01 2025
Cultura

Vittorio Talamona, l’orfano che diventò manager e benefattore

— di Valentina Castellano Chiodo

L’eleganza e lo sguardo fiero, un libro fra le mani e la cornice della madre sul tavolino accanto alla poltrona Frau su cui è seduto con le gambe accavallate, da moderno dandy con la giacca grigia a doppio petto. Sembra di guardarlo dritto negli occhi, Vittorio Talamona (1876-1937), uno dei benefattori del Policlinico di Milano che ci racconta un’altra storia di riscatto, dedizione al lavoro, ma anche della grande Milano col cuore in mano.

Rimasto orfano da bambino, comincia a lavorare in una tipografia e, per imparare e farsi una cultura, non potendo andare a scuola, sfrutta per leggere il materiale che il posto di lavoro gli offre, ovvero i testi da stampare. Rimasto poi senza lavoro a soli 16 anni, non si perde d’animo e inizia persino a vendere grasso per lubrificare le ruote dei carri, poi intraprende una carriera da venditore come piazzista di saponette.

Non ha nemmeno 20 anni quando parte volontario nella prima guerra d’Africa e una volta ritornato dopo una lunga degenza all’Ospedale Militare di Napoli, spicca il volo da vero self-made man, diventando manager in una grande industria e viaggiando moltissimo per lavoro durante gli oltre trent’anni di attività.

La sua carriera però non riesce a cancellare le sofferenze del passato, ma accresce la sua umanità, tanto che in vita, in memoria della moglie Alice Butti, finanzia prima la ristrutturazione dell’Orfanatrofio maschile di Pallanza (nel comune di Verbania) e poi nel 1936 dona 700.000 lire in aiuto all’Ospedale Maggiore (oggi denominato Policlinico di Milano), e aggiunge in ricordo della madre scomparsa Maria Ciapparelli, anche una opera che la ritrae. Alla sua morte, nel 1937, destina poi all’Ospedale un ulteriore lascito di un milione di lire e altri due quadri dell’artista Leonardo Bazzaro.


Maria Ciapparelli Il ritratto della madre  

Maria Ciapparelli era una donna molto modesta e di straordinaria mitezza, madre del benefattore. Nel 1936 Talamona dispone una prima generosa donazione in favore dell’Ospedale, cui aggiunge anche il ritratto della madre defunta anni prima, eseguito dall’artista Vittorio Tironi, che conservava nella sua abitazione. 

Il dipinto, non datato ed eseguito probabilmente sulla base di una antica fotografia dopo la morte della signora, è attribuito al primo decennio del Novecento. La firma apposta in basso a destra, probabilmente venne aggiunta in occasione della donazione, forse per sostituirne una precedente sbiadita.

 

Con la prima donazione l’Ospedale affida la commissione del suo ritratto ad Augusto Colombo, un pittore molto apprezzato sia dalla committenza milanese che dalla Quadreria Ospedaliera (per cui esegue ben 20 opere), per la sua straordinaria capacità di creare una forte interazione tra la persona raffigurata e il contesto, un elemento significativo per la caratterizzazione del personaggio.

Il dipinto, eseguito dal vero, fu ultimato e approvato il 7 gennaio 1937 con piena soddisfazione, sia dalla Commissione artistica che dal benefattore stesso. L’ambiente sobrio ed essenziale si sposa perfettamente con la classe della persona. Inserito in una composizione ben definita, tra un tavolino di scorcio in primo piano su cui è appoggiato un lucente servizio d’argento e lo sfondo piatto della parete (su cui domina il verde nelle diverse tonalità), la figura del benefattore "occupa" lo spazio, non solo per la sua postura fiera e determinata, ma anche perché il punto di vista dell’osservatore è ribassato rispetto al quadro, aumentando la monumentalità alla figura. Un ritratto quasi magnetico per ricordare il passato, fissare il presente e con la sua donazione regalare futuro.