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Avere “buoni polmoni”, in Policlinico di Milano significa curare l’insufficienza respiratoria
— di Rosy Matrangolo
Il 2024 ha visto il record storico di trapianti polmonari: 37 pazienti hanno ricevuto un organo ben funzionante per un totale di procedure trapiantologiche che pongono l’Ospedale nella parte alta della classifica internazionale dei Centri specializzati.
In Italia circa 300-350 persone sono in lista d’attesa per ricevere un polmone (o il doppio organo). Chi non ha mai dovuto interfacciarsi con questa realtà, non sa forse che si tratta di una lista molto dinamica, in cui entrano frequentemente nuovi pazienti ed escono coloro che vengono trapiantati o che peggiorano talmente da non poter più affrontare l’intervento chirurgico. Su tutto il territorio nazionale lavorano 9 centri per trapianto polmonare e ciascuno ha una propria lista d’attesa che, necessariamente, deve tener conto della “geografia dei bisogni”.
In Policlinico di Milano, l’anno che lasciamo alle spalle porta un incoraggiante segno meno: gennaio 2025 infatti conta la riduzione di 2 unità di coloro che aspettano la chiamata per sottoporsi a trapianto. Cosa rappresenta questo dato e perché parlare di record significa, in fondo, parlare di speranza nella cura dell’insufficienza respiratoria? Ce lo spiega Mario Nosotti, direttore della Chirurgia Toracica e Trapianti di Polmone del Policlinico di Milano.
Cos’è innanzitutto l’insufficienza respiratoria?
L’insufficienza respiratoria cronica è una condizione clinica molto debilitante per chi ne soffre, la mancanza di fiato limita le attività quotidiane fino a costringere il paziente a letto definitivamente. Moltissime malattie dell’apparato respiratorio portano, in tempi più o meno rapidi, alla cronicità: l’enfisema polmonare, le fibrosi polmonari, molte malattie autoimmuni, alcune condizioni genetiche sono solo alcuni esempi. In Italia abbiamo circa 80 nuovi casi di insufficienza respiratoria per milione di abitanti ogni anno e gli specialisti definiscono l’insufficienza respiratoria terminale il quadro clinico in cui i dati del paziente fanno presumere al massimo due anni di sopravvivenza.
Come diamo risposte ai pazienti con diagnosi di insufficienza respiratoria?
Il trapianto non è una terapia per tutti. Si procede per step. Quando si ritiene che l’insufficienza respiratoria sia sempre più seria e la terapia farmacologica con broncodilatatori, cortisone, farmaci antifibrotici o altri medicinali non sia più in grado di bloccare la caduta della funzione polmonare, lo pneumologo invia il paziente a un centro specializzato dove viene metaforicamente passato “al setaccio”. Si valutano approfonditamente tutti gli altri organi e le funzioni fisiologiche in modo da raggiungere la ragionevole certezza che il paziente sia in grado di sopportare l’importante procedura chirurgica così come la terapia da assumente a vita dopo l’intervento. Se ritenuto candidabile a trapianto, il paziente viene inserito nella lista d’attesa. Sia il Centro Regionale Trapianti che il Centro Nazionale Trapianti gestiscono le liste avvisando le singole strutture quando un donatore è disponibile.
Perché parlare di record per l’anno 2024 in Policlinico di Milano?
La nostra lista a inizio 2024 comprendeva 24 pazienti mentre a gennaio 2025 sono in lista 22 pazienti, avendo eseguito 37 procedure e con 1 paziente uscito per condizioni cliniche scadute. Questo significa che l’anno scorso abbiamo “soddisfatto” la lista per il 60% delle domande. Si tratta di un ottimo risultato, non solo perché questi numeri hanno un impatto anche su coloro che ancora attendono, ma anche per il volume totale di trapianti mai raggiunto nel nostro centro.
Come si riesce a fare 37 trapianti di polmone in un anno?
L’8% degli organi trapiantati proveniva da donatori da arresto di circolo; una procedura che richiede una attivazione immediata e ha visto impegnati gli ospedali di Brescia, Monza, Sesto San Giovanni e Varese come sedi donative. In particolare, uno di questi organi è stato prelevato a Siena dal team di colleghi toscani e trapiantato da noi grazie a una collaborazione interregionale. L’utilizzo dei polmoni da donatori da arresto di circolo necessita di una importante fase organizzativa che la nostra Regione sta portando avanti con grande impegno.
L’eccezionale volume di trapianti polmonari realizzati nel 2024 è stato possibile grazie all’impegno e alla dedizione di tutte le componenti del nostro ospedale: allo staff di Chirurgia Toracica si aggiungono gli anestesisti, i rianimatori, gli pneumologi, i cardiochirurghi, i fisioterapisti, gli psicologi, il personale infermieristico e sanitario e tutti i colleghi che con passione contribuiscono a rendere questo complesso sistema organizzativo efficiente ed efficace.
Il trapianto di polmone può davvero cambiare la vita di chi soffre di insufficienza respiratoria?
In Italia la media matematica ci dice che si eseguono 2,4 trapianti polmonari per milione di abitanti ogni anno contro una media europea in cui se ne esegue il doppio. È evidente come ci sia molto da lavorare per offrire questa opportunità terapeutica a quanti nel nostro Paese potrebbero beneficiarne. La sopravvivenza dopo trapianto è variabile da centro a centro: nel nostro caso è di circa 8 anni. Si deve considerare, infatti, che il polmone è tra gli organi solidi trapiantabili quello che “dura” di meno. Questo svantaggio è dovuto al fatto che essendo esposto a continui scambi con l’esterno, è più facilmente soggetto alle infezioni. Le infezioni sono purtroppo un potente stimolatore del meccanismo del rigetto, ma su questo punto stiamo lavorando intensamente.
Il trapianto di polmone in Policlinico di Milano, una storia da primato
Il primo trapianto polmonare sperimentale fu eseguito al Policlinico di Milano del 1950 così come il primo trapianto italiano con lunga sopravvivenza, nel 1991. Nel Padiglione Zonda fu eseguito il primo trapianto di doppio polmone in un paziente con COVID19, nel 2020. Una particolare menzione merita il primo trapianto italiano eseguito con prelievo da donatore a cuore fermo nel 2014 e dopo sospensione delle cure nel 2017. Queste ultime procedure donative in particolare, comportano un grande sforzo organizzativo. Per questo è importante sottolineare la solida collaborazione con Regione Lombardia e il contributo degli ospedali di Monza, Brescia, Sesto San Giovanni, Varese, Cremona e altri ancora, grazie ai quali si è costituita una rete lombarda preparata e attiva sul fronte donativo a cuore non battente.
Nella foto in apertura, i chirurghi Lorenzo Rosso e Ilaria Righi in sala operatoria.