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21/03 2025
Salute Chirurgia

Prolasso, le soluzioni mini invasive alla portata di tutte le donne, oltre i tabù

— Rosy Matrangolo, con la consulenza scientifica di Paola Pifarotti, uroginecologa del Policlinico di Milano

La chirurgia vaginale è la strategia d’elezione per trattare efficacemente il prolasso urogenitale, non solo nella fase menopausale. In Policlinico di Milano, con più di 250 interventi all’anno, esiste un’équipe dedicata e altamente specializzata.

Il pavimento pelvico, questo sconosciuto! Dell’importanza del suo ruolo tante, troppe donne, si accorgono solo nel momento del bisogno, ossia quando la sua funzionalità inizia a peggiorare.

È costituito da strutture che sospendono l’utero, la vescica, il retto e la vagina all’interno della pelvi e da strutture muscolari che sostengono gli organi pelvici e mantengono la funzionalità dell’apparato urinario inferiore, fondamentale per benessere della donna.

Che ce ne accorgiamo o meno, le strutture fasciali di questa zona del corpo femminile intervengono in numerose attività che vanno dalla continenza alla minzione alla defecazione fino alla sessualità. Insomma, ne facciamo ampio uso in tutto l'arco della nostra vita.

Il prolasso è ianche per questo motivo un evento piuttosto comune e riguarda circa una donna su tre con un impatto debilitante sia nelle manifestazioni sintomatiche, che in condizioni asintomatiche. Questa patologia in che modo altera la qualità di vita della donna? Ne parliamo con Paola Pifarotti, uroginecologa del Policlinico di Milano esperta nel trattamento del prolasso urogenitale.

Cosa si intende per prolasso?

Il prolasso urogenitale riguarda la discesa a riposo e sotto sforzo dei visceri pelvici in vagina che corrispondono a vescica, utero e retto. Se questa discesa riguarda la parete anteriore, si parla di cistocele, se riguarda la parete centrale è chiamata isterocele mentre se riguarda la parete posteriore si tratta di rettocele.

Nella maggior parte dei casi queste diverse condizioni possono comparire in associazione e ciò si manifesta quando si instaura un danno muscolo fasciale dell’apparato di sospensione e di sostegno degli organi pelvici. Il risultato è un cedimento che porta al prolasso.

Quali fattori possono incidere o rallentare il processo di prolasso urogenitale nella donna?

Sappiamo che la prevalenza del prolasso riguarda il 30% della popolazione femminile compresa tra i 20 e 60 anni ma aumenta al 40% nel post menopausa. Di queste donne, l’11% arriva alla terapia chirurgica.

La gravidanza è il principale fattore di rischio, così come lo è il parto: rischio aumentato se questi avvengono in età avanzata, oltre i 40 anni, quando i tessuti possono essere meno tonici e le fasce meno elastiche. La menopausa, che comporta un calo nella produzione ormonale, è ulteriore fattore di rischio.

Un cedimento dei tessuti può avvenire anche in donne con struttura muscolo-fasciale già più debole per fattori genetici. Il costante sollevamento dei pesi gioca a sfavore della tenuta dei tessuti. Alcune attività sportive come il pilates e lo yoga possono essere utili al fine di rinforzare le strutture muscolari del pavimento pelvico prevenendo il manifestarsi di questa patologia.

Con quali sintomi si manifesta il prolasso?

I sintomi più comuni riguardano la sensazione di peso a livello perineale, la difficoltà a mingere o la sensazione di urgenza minzionale associata in alcune situazioni anche a incontinenza urinaria da sforzo.

Si tratta di una condizione che altera parecchio la qualità di vita di una donna che a 50 anni si trova ancora nel piano delle sue attività sociali. Anche per questo motivo, visto l’imbarazzo che può creare nelle relazioni e nel proprio senso di libertà, le donne sono disposte a sottoporsi a un intervento chirurgico per risolvere il problema del prolasso.

Come si arriva alla diagnosi di prolasso urogenitale nella donna?

Sono gli uroginecologi a eseguire una valutazione specialistica, generalmente dopo una prima visita ginecologica in cui la donna è indirizzata a esami di secondo livello. L’esame urodinamico permette di valutare la funzionalità dell’ apparato urinario inferiore. L’intervento chirurgico rappresenta il gold standard nel trattamento del prolasso utero-vaginale moderato e severo. Possono essere sottoposte ad intervento anche le pazienti con una condizione di prolasso lieve, solo se sintomatiche e hanno già provato terapie conservative..

In cosa consiste l’intervento chirurgico?

La forza di un’équipe specializzata come il team dell’Uroginecologia del Policlinico di Milano sta nel proporre interventi più o meno complessi volti a correggere il difetto valutando e personalizzando la terapia in relazione al tipo di problema.

L’operazione ha una durata media di circa 40 minuti nelle pazienti con prolasso degli organi pelvici con conservazione dell’utero, si esegue in questi casi una cistopessi rinforzando la fascia endopelvica. Questa tecnica utilizza gli stessi tessuti della donna. La ripresa è piuttosto veloce per un ricovero che non supera le 72 ore e che non prevede tagli, trattandosi di chirurgia vaginale. Dopo 15 giorni di riposo la paziente può ritornare a svolgere la propria attività lavorativa purché non comprenda sforzi fisici. Anche in caso di asportazione dell’utero si procede per via transvaginale.

Esistono altre soluzioni al prolasso urogenitale?

In donne più anziane o molto compromesse, si opta per l’utilizzo di pessari, ossia dispositivi che vengono inseriti in vagina allo scopo di supportare le strutture più deboli. Si tratta di una soluzione più conservativa e valida solo in specifici casi.

Il prolasso può recidivare?

Esiste questa possibilità in donne che hanno tessuti più deboli con più fattori di rischio o che continuano a a sottoporsi sforzi fisici anche dopo l’intervento. L’incidenza è in ogni caso contenuta e riguarda meno di una donna su 5.

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