#RICERCA. Videocapsula endoscopica: aggiornate le linee guida per esplorare sempre di più le aree oscure dell’intestino
— di Ilaria Coro
Telecamere dalle dimensioni di una pillola per esplorare i tratti meno accessibili dell’apparato digerente in modo non invasivo e sicuro. Si tratta di una tecnica utilizzata da oltre 20 anni ma per renderla ancora più efficace, la Società Europea di Endoscopia Gastrointestinale (ESGE) ha recentemente pubblicato, sulla rivista scientifica Endoscopy, l’aggiornamento delle linee guida relative all’uso della videocapsula. Tra gli autori di queste nuove indicazioni anche Luca Elli, specialista della Gastroenterologia ed Endoscopia del Policlinico di Milano.
Ci sono momenti che hanno lasciato un segno nella storia della medicina. Come nel 2000, quando in Israele sono state presentate per la prima volta le immagini ottenute con l’uso di una capsula endoscopica. Una pillola di pochi millimetri in cui è stata racchiusa una tecnologia innovativa che ha permesso di vedere in modo indolore e preciso l’intestino tenue, anche chiamato piccolo intestino: un organo fino ad allora indagabile solo tramite la radiologia o l'intervento chirurgico. L’intestino tenue collega lo stomaco con il colon ma non è raggiungibile in tutta la sua lunghezza, circa 7 metri, con gli strumenti utilizzati durante la gastroscopia e la colonscopia. La videocapsula endoscopica, monouso e ingeribile, trasmettendo le immagini acquisite attraverso una o due telecamere ad un registratore indossato dal paziente, consente di accorciare nettamente i tempi necessari per diagnosticare le patologie che colpiscono questo tratto intestinale.
Negli anni si è approfondito lo studio dell’intestino tenue ottenendo prove scientifiche sempre più solide sulle indicazioni per l’uso della capsula endoscopica e un maggior numero di dati sulle nuove applicazioni dell'enteroscopia. Da qui, è nata l’esigenza della Società Europea di Endoscopia Gastrointestinale di aggiornare le linee guida sull’uso clinico di queste tecniche nella gestione dei pazienti adulti con disturbi che interessano il piccolo intestino. Un grande lavoro di squadra internazionale che ha coinvolto anche Luca Elli, referente del Centro di riferimento per la prevenzione e la diagnosi della malattia celiaca della Gastroenterologia ed Endoscopia del nostro Ospedale. Diversi studi hanno dimostrato che l’enteroscopia con capsula può essere utile anche nei casi di diagnosi dubbia di malattia celiaca o quando il paziente presenta forme di celiachia complicate o che non rispondono alla dieta priva di glutine.
“Con il tempo abbiamo assistito a una notevole evoluzione tecnologica, che ha reso la videocapsula disponibile in diversi modelli: ciascuno è ottimizzato per un preciso segmento e in base alla patologia gastrointestinale che potrebbe interessare quella porzione di intestino. L’esame con capsula endoscopica è oggi indicato per tutte quelle forme infiammatorie autoimmuni del piccolo intestino, come la malattia di Crohn e la celiachia complicata” spiega Luca Elli “Grazie a una continua collaborazione internazionale, a cui ha contribuito attivamente anche il nostro Centro con numerosi studi clinici che hanno avuto come focus l’utilizzo della videocapsula, oggi abbiamo indicazioni ben definite per eseguire nel modo più efficace l’enteroscopia. Di fatto, si tratta di un’analisi che ha rivoluzionato la gestione di pazienti con patologie complesse con un approccio poco invasivo e sicuro. L'unica precauzione da attuare è quella di evitare di eseguirla nei pazienti con sospetti restringimenti dell'intestino, che potrebbero causarne la mancata espulsione. Per valutare questo aspetto è possibile somministrare una capsula “fantasma”, che si scioglie se rimane nell'intestino troppo a lungo: se passa indenne attraverso l'intestino, allora l'esame può essere eseguito in totale sicurezza”.