
#RICERCA. Studio del sistema immunitario: la chiave per migliorare la prevenzione e il trattamento delle malattie infettive e dei tumori
— di Ilaria Coro
Il sistema immunitario viene spesso un po’ sottovalutato ma fin dalla nascita svolge un ruolo fondamentale nella vita di ogni persona, proteggendoci da virus, batteri, funghi e parassiti, ma anche riconoscendo ed eliminando eventuali cellule tumorali. È un sistema complesso e dinamico, capace di adattarsi agli stimoli esterni e di evolversi nel tempo.
Samuele Notarbartolo, ricercatore del team di Malattie Infettive - diretto dalla Prof.ssa Alessandra Bandera - del Policlinico di Milano, da anni studia le risposte immunitarie per comprenderne i meccanismi, con l'obiettivo di aprire la strada a nuove strategie di prevenzione, come i vaccini, e di cura, tramite ad esempio l'immunoterapia.
Attualmente, su cosa si focalizzano le sue ricerche e quali applicazioni potrebbero avere?
Al momento, grazie a un finanziamento del Ministero della Salute nell'ambito della "Ricerca Finalizzata" destinata ai giovani ricercatori, mi occupo principalmente di studiare lo sviluppo della memoria immunologica, con l'obiettivo di comprendere meglio il suo funzionamento e di individuare nuove strategie, che possano, ad esempio, migliorare l'efficacia a lungo termine dei vaccini.
Pur non essendo strettamente legata all'immuno-oncologia, la nostra ricerca potrebbe avere risvolti anche in ambito oncologico. Ad esempio, contribuendo allo sviluppo di vaccini terapeutici o di cellule ingegnerizzate, chiamate CAR-T, contro i tumori che riescano a mantenersi “giovani e performanti” anche nel microambiente tumorale.
Negli ultimi anni ho avuto l’opportunità di approfondire l'uso di tecniche avanzate per analizzare in dettaglio le singole cellule del sistema immunitario. Dall'espressione genica, alla conformazione della cromatina – la struttura in cui è organizzato il DNA all’interno del nucleo cellulare – fino alla profilazione del recettore delle cellule T: gli “agenti segreti” del sistema immunitario in grado di scovare, riconoscere e combattere virus, batteri e cellule tumorali. Dopo un'infezione, alcune cellule T diventano “cellule di memoria”, garantendo una risposta più rapida ed efficace alle future esposizioni allo stesso patogeno.
Questi dati potrebbero contribuire a capire quali siano i principali fattori che influenzano la protezione offerta dai vaccini?
Attualmente stiamo studiando le infezioni causate da Covid-19, sia per il loro impatto sanitario globale, sia per la disponibilità di un ampio numero di campioni biologici, al fine di analizzare come ha risposto il sistema immunitario la prima volta che ha incontrato questo nuovo virus. Questo modello di studio può essere applicato ad altre infezioni e le informazioni che stanno emergendo potrebbero essere utili anche per lo sviluppo di nuovi vaccini contro le malattie per cui le attuali immunizzazioni non offrono una protezione ottimale.
Sempre nel campo delle vaccinazioni, stiamo anche cercando di capire perché alcuni vaccini garantiscono una protezione di lunga durata, come quelli contro il tetano, mentre altri, come quelli per l'influenza o il Covid-19, richiedono richiami più frequenti. Oltre alle mutazioni dei virus stessi, potrebbero incidere altri fattori legati al sistema immunitario che influenzano l'efficacia della risposta vaccinale nel tempo. Approfondire questi aspetti potrebbe aiutarci a sviluppare vaccini più duraturi e performanti.
Quali sono i vantaggi di svolgere la sua ricerca all'interno di un ospedale come il Policlinico di Milano?
Pur lavorando principalmente in laboratorio, ho la possibilità di accedere a un numero elevato di campioni biologici di diverse tipologie. Questo aspetto è fondamentale per la ricerca, perché consente di studiare dati clinici reali provenienti dai pazienti, favorendo una maggiore applicabilità dei risultati. Inoltre, il confronto con i colleghi medici, aiuta me, che sono un biologo, ad osservare il problema scientifico da diverse angolazioni ed a sviluppare le mie ricerche con una prospettiva più ampia. La sinergia tra la ricerca di base e l'attività clinica è un elemento chiave per sviluppare approcci innovativi e trasferire più rapidamente le scoperte scientifiche alla cura dei pazienti.